Accredia: certificazione per un futuro sostenibile
Accredia, l’ente unico italiano di accreditamento si è evoluto negli anni, con un’attenzione sempre più rivolta agli aspetti sociali e alla formazione dei professionisti. Vediamolo con Filippo Trifiletti, direttore generale dell’ente
Accredia è l’ente designato dal governo italiano ad attestare la competenza e l’imparzialità degli organismi e dei laboratori che verificano la conformità dei beni e dei servizi alle norme e agli standard. Abbiamo approfondito il lavoro di Accredia insieme al suo direttore generale, Filippo Trifiletti.
Cos’è Accredia e quale ruolo svolge nei confronti di imprese e cittadini?
«Accredia è un’associazione riconosciuta che opera senza scopo di lucro, sotto la vigilanza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. La sua attività si articola in tre dipartimenti: Certificazione e ispezione, Laboratori di prova, Laboratori di taratura.
Nasce dalla fusione di vecchi istituti di accreditamento, alcuni dei quali operavano già dalla fine degli anni ’70. In particolare, il primo settore su cui si è esercitato l’accreditamento è quello della taratura degli strumenti, necessaria a garantire la precisione delle misure nelle prove di laboratorio e nei processi industriali.
Nel periodo a cavallo degli anni 2000, molte confederazioni industriali hanno dato vita a organismi di certificazione, percependo la necessità di accompagnare i processi produttivi, in modo da migliorare la qualità dei prodotti e da avere una migliore presentazione dei medesimi nell’ambito internazionale. Nel tempo sono emerse nuove forme di certificazione e attività di controllo relative ad aspetti di carattere sociale: dalla salute alla qualità dell’aria e dell’acqua, dai laboratori medici ai dispositivi medici, fino alla sicurezza dei prodotti di uso comune.
Senza abbandonare i processi produttivi e l’economia in senso lato, le certificazioni hanno cominciato a riguardare le persone: dalla lotta al bullismo alla cybersecurity, e con una particolare intensità, le cosiddette nuove professioni. Tutto quello che viene fatto sotto il nostro accreditamento gode di un riconoscimento internazionale. Accredia, infatti, oltre a verificare la conformità dei soggetti accreditati, a sua volta è verificata dalla rete mondiale degli enti di accreditamento.
Superando tali verifiche, si diventa o si rimane firmatari degli accordi internazionali di mutuo riconoscimento, in base ai quali un rapporto di ispezione, un certificato di taratura o una certificazione di un professionista rilasciata in Italia da un soggetto accreditato devono essere mutualmente riconosciuti in tutti i paesi che firmano questi accordi, sostanzialmente in tutto il mondo.
Se da un lato tutto ciò ci carica di responsabilità, dall’altro offre un servizio a tutto il paese: essere parte di questa rete significa affinare i meccanismi di valutazione, ricopiare le buone prassi, definire sempre meglio alcuni requisiti come l’imparzialità e la competenza dei soggetti accreditati».
Come opera Accredia nell’ambito delle certificazioni sotto accreditamento per i professionisti e quali sono i benefici per le imprese e per il mondo produttivo in generale?
«Per un lunghissimo periodo è stata in auge la distinzione tra i professionisti appartenenti a ordini professionali sottoposti al controllo governativo – ingegneri, avvocati, medici, architetti – e tutto quel mondo indefinito di professionisti che non hanno un albo o un ordine riconosciuto per legge. Si tratta, solo per fare qualche esempio, di manutentori, addetti alle riparazioni, wedding planner, influencer, cuochi, professionisti ICT, grafici, educatori cinofili, osteopati, valutatori immobiliari, mediatori familiari e copywriter digitali.
Il punto di svolta arriva nel 2013, con la legge n. 4/2013, intervenuta per riformare le professioni non organizzate in ordini o collegi e per dare loro un riconoscimento e delle forme di tutela. La legge ha previsto che Accredia può accreditare gli organismi di certificazione che verificano la conformità dell’operato di questi professionisti alle norme tecniche UNI.
La certificazione diventa quindi l’attestazione credibile della competenza del professionista, a fronte di requisiti definiti dai riferimenti normativi, che garantisce il mantenimento nel tempo della competenza e favorisce il miglioramento continuo della professionalità. Dopo pochi anni, anche i professionisti, i cosiddetti “ordinisti”, hanno cominciato a guardare alle certificazioni accreditate e l’esempio più eclatante ce l’abbiamo con gli ingegneri, che hanno a che fare con declinazioni molto diverse della stessa materia.
Questo fenomeno si espande; stanno per essere certificate alcune figure specialistiche dei veterinari, mentre dal 2025 diventerà obbligatoria la certificazione BIM, che consente di attestare le competenze delle diverse figure professionali che operano nel ramo del Building Information Modeling, un sistema computerizzato di registrazione delle costruzioni che permette di agire sul patrimonio edilizio e sulle opere pubbliche in modo più appropriato, ai fini della ristrutturazione o della messa in sicurezza.
Dalla nostra banca dati risulta che sono circa 88 gli organismi di certificazione accreditati per l’ambito delle professioni e che sono 300mila i professionisti certificati, dei quali circa 10mila sono ingegneri. Anche alcuni professionisti del mondo sanitario si stanno muovendo in questa direzione.
L’altra grande novità riguarda la scuola: il contratto collettivo ha previsto che il personale ATA può beneficiare di un sistema premiante se in possesso di una certificazione di competenza digitale. È importante sottolineare come sia il Ministero dell’Istruzione, che le rappresentanze sindacali dei lavoratori del settore abbiano voluto che queste certificazioni fossero accreditate, con dei requisiti di affidabilità.
Un altro beneficio a vantaggio di tutto il sistema è che nelle certificazioni volontarie sotto accreditamento la validità del certificato è triennale: alla fine del triennio il professionista deve rifare l’esame o deve garantire di aver eseguito dei percorsi di aggiornamento codificati. L’importante è che le competenze del professionista siano sempre al passo con i tempi».
Parliamo delle certificazioni sotto accreditamento per la parità di genere, una misura più recente per la quale Accredia si è impegnata fin dal 2022 con la partecipazione alla redazione della prassi UNI/PdR 125.
«L’UNI ha definito in modo molto serio questa prassi di riferimento, prevedendo decine di indicatori che devono essere tenuti sotto osservazione, andando molto al di là della semplice parità retributiva. Il governo l’ha promossa con degli strumenti incentivanti che hanno avuto il loro effetto: in una prima fase ormai conclusa c’è stato un aiuto relativo alle consulenze che l’impresa doveva mettere in pista per adeguarsi alla prassi di riferimento e anche per il pagamento della certificazione; inoltre, è tuttora valida una forma di riduzione degli oneri previdenziali che può raggiungere la somma di 50mila euro.
Si è sviluppata una corsa alla certificazione per la parità di genere, tanto è vero che il nostro ente, già alla fine del 2023, aveva accreditato una cinquantina di organismi. Per dare un termine di paragone, quelli che rilasciano la certificazione di sistema di gestione ambientale, in 25 anni di storia, sono cinquantatré. Ogni giorno nuove organizzazioni si fanno certificare ed esibiscono questa certificazione come un titolo di merito.
Siamo arrivati a circa 13.500 siti certificati. Accredia, in collaborazione con Unioncamere, fornisce al Dipartimento delle pari opportunità la fotografia in tempo reale delle certificazioni correttamente rilasciate, in modo che poi possano essere concesse tutte le agevolazioni del caso. Una prospettiva simile si sta profilando per l’accessibilità delle persone con disabilità, tema per il quale esistono una prassi di riferimento UNI e delle norme tecniche dedicate alle strutture ricettive. Ci auguriamo che si arrivi in futuro a quell’incentivazione che ha scatenato sulla parità di genere quell’entusiasmo che qui ancora non registriamo».