Al via Water Defenders Alliance
Il piano green di LifeGate per salvare il Mediterraneo
I dati dell’inquinamento da plastica restano drammatici: sono circa 570mila le tonnellate di plastiche che finiscono ogni anno nel mar Mediterraneo (dati l’Unione del Mediterraneo – Ufm) e si prevede che entro il 2050 le microplastiche cresceranno del 300%. I mari sono dunque le prime “vittime” di tale inquinamento. È in questo scenario che si inserisce il nuovo piano coordinato da LifeGate: la Water Defenders Alliance, un’alleanza che vede protagonisti aziende, persone, porti, istituzioni e mondo della ricerca, uniti e attivi per salvare le nostre acque.
L’intenzione della Water Defenders Alliance è quella di completare le sfide che LifeGate ha individuato nell’ambito del progetto PlasticLess, lanciato nel 2018 con l’obiettivo ambizioso di ripulire le acque dei porti italiani dai rifiuti di plastica, installando pionieristici cestini capaci di catturarli.
Per saperne di più, Lombardia Economy ha intervistato Enea Roveda, CEO di LifeGate.
Dalla sfida “LifeGate PlasticLess” del 2018, alla nuova Water Defenders Alliance. Qual è il bilancio di questi anni di costante impegno per la tutela dell’ambiente marino?
“In 5 anni, il progetto LifeGate PlasticLess ha ottenuto importanti risultati: in primis, in termini di prevenzione, sensibilizzando l’opinione pubblica grazie alle attività di comunicazione e all’impegno dei media che hanno seguito l’iniziativa tenendo alta l’attenzione sul problema, e grazie all’organizzazione di un centinaio di eventi realizzati sui territori per coinvolgere i rappresentanti della società civile nelle tante inaugurazioni dei nostri dispositivi cattura plastica.
Inoltre abbiamo supportato tante aziende a diminuire o eliminare completamente la plastica dai propri prodotti e imballaggi, un segnale di profondo cambiamento del mercato, fondamentale per salvaguardare le nostre acque.
Riguardo alla raccolta di rifiuti, in questi 5 anni, abbiamo tolto dalle nostre acque oltre 150 tonnellate di detriti galleggianti, composti prevalentemente da plastiche e microplastiche, pari al peso di oltre 10 milioni di bottigliette di plastica da mezzo litro che, se messe in fila avrebbero percorso una distanza di oltre 2.000 km, quasi due volte la lunghezza dell’Italia”.
E quali gli obiettivi della nuova alleanza?
“Da una parte obiettivi concreti, misurabili e visibili, ovvero permettere l’implementazione delle diverse soluzioni science based promosse da LifeGate in ogni porto italiano, per rispondere ai 3 grandi problemi delle nostre acque: inquinamento da plastiche, da idrocarburi e la fragilità degli habitat.
Dall’altra, l’alleanza che si compone di aziende, persone, istituzioni, porti, enti di ricerca e università, ha lo scopo di dare un ruolo a tutti i rappresentanti della società civile, perché la grande sfida per difendere le nostre acque possiamo vincerla solo se siamo tutti alleati. Ognuno può e deve fare la propria parte.
In quest’alleanza sarà fondamentale anche la condivisione delle best practices, perché spesso le soluzioni ci sono, ma perché queste possano davvero aiutarci a fare la differenza, devono essere condivise”.
Quali le realtà coinvolte? Chi può entrare a farvi parte?
“Ad oggi, possiamo già contare su diversi Water Defenders: dalle aziende quali AGN Energia, Coop, cosnova Italia, Findus, Fineco, Gruppo Hera, Ibl Banca, Mareblu, Nickelodeon-Spongebob, Rio Mare, Screen Professional Hair Care e Shiseido, alle università, associazioni ed enti di ricerca come l’Università di Genova, l’ISSD – International School for Scientific Diving “Anna Proietti Zolla”, il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia, Verdeacqua Impresa Sociale, l’Istituto Tethys e il comitato Smart Bay Santa Teresa.
Poi abbiamo il nostro partner T1, azienda bresciana, con il suo brevetto innovativo tutto italiano e i 99 porti del Bel Paese, già coinvolti nel progetto, che rappresentano quei luoghi di contatto tra le persone e l’acqua, dove i problemi sono più visibili e dove vogliamo implementare le soluzioni individuate per ogni contesto.
L’iniziativa oltre ad aziende, enti di ricerca, università, porti e Aree Marine Protette, si rivolge anche alle persone e alle istituzioni. Per ognuno di questi rappresentanti della società civile abbiamo individuato delle azioni che possono compiere per diventare Water Defenders e giocare quindi un ruolo fondamentale per completare le sfide in ogni porto italiano.
Ad esempio, le aziende hanno un ruolo essenziale nel sostenere l’iniziativa, permettendo l’implementazione delle soluzioni. Le persone potranno ad esempio chiedere i kit per assorbire gli idrocarburi se hanno una barca o se ne noleggeranno una in vacanza, ma anche scaricare e utilizzare le app di Citizen science per supportare la ricerca.
Porti e istituzioni sono fondamentali da un lato per sensibilizzare diportisti, cittadini e turisti sui comportamenti più responsabili da adottare e dall’altro potranno candidarsi per ampliare la rete: vogliamo raggiungere ogni porto e Area Marina italiana”.
Per salvare il Pianeta, sostenibilità e innovazione sono fondamentali, con l’imprescindibile supporto dell’azione responsabile dell’uomo. Quali soluzioni sono adottabili per sviluppare una “coscienza comune” in difesa dei mari?
“Abbinare la tecnologia alla sostenibilità, è sempre stata una chiave di lettura per LifeGate per ottenere le soluzioni e gli strumenti più efficaci ed efficienti per affrontare le grandi sfide ambientali di cui ci occupiamo da 23 anni, ma come sempre la tecnologia da sola non basta.
Sono le persone che, come hanno contribuito a generare il problema, sono anche la miglior soluzione possibile per invertire la rotta. Ad esempio, la plastica nei mari e gli sversamenti accidentali di idrocarburi in acqua sono direttamente legati ai nostri comportamenti: comprenderlo e cambiare le nostre scelte quotidiane è quindi fondamentale, consapevoli che ognuno di noi può fare la differenza anche con piccolissimi gesti.
È infatti importante sapere che il mare inizia anche dalla città: le plastiche che finiscono nelle nostre acque spesso provengono dalle grandi metropoli. Basta una disattenzione, un pezzo di plastica che finisce a terra, se non raccolto, può fare un giro lunghissimo e finire proprio nei nostri fiumi, laghi e mari. Di lì, rischiamo che ci torni indietro direttamente in ciò che mangiamo.
Per questo abbiamo sempre coinvolto negli anni anche le scuole, le associazioni, le pubbliche amministrazioni e i cittadini e lo faremo ancora di più proponendo loro delle azioni concrete come utilizzare le app di Citizen science, promuovere comportamenti virtuosi e responsabili nella propria cerchia di conoscenze, spingere le amministrazioni a dotarsi di protocolli ancor più efficaci per la gestione dei rifiuti urbani e per la gestione dello spazio di navigazione marittimo”.
1.178.000 tonnellate di plastica accumulata e il 7% delle microplastiche globali rendono il Mare Nostrum uno dei mari più inquinati della Terra. Lo sostiene l’ultimo report dell’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN). Per arginare l’inquinamento da plastica, il Parlamento Europeo ha varato nel 2019 la direttiva 904 Single Use Plastic (Sup) contro l’usa e getta. Quali innovazioni tecnologiche possono essere impiegate nella stessa direzione?
“Rispetto alla prevenzione, negli ultimi anni moltissime aziende hanno iniziato a investire nella ricerca e sviluppo per utilizzare materiali sempre più sostenibili da sostituire alle plastiche. Tanti passi in avanti sono stati compiuti proprio dal mondo delle imprese.
Anche il singolo cittadino ha un ruolo importante: oggi è chiamato a fare scelte d’acquisto più responsabili, privilegiando prodotti sfusi o con minor imballaggio possibile e maggiormente sostenibile, e a fare una corretta raccolta differenziata.
Le pubbliche amministrazioni sono anch’esse fondamentali: i piani di gestione dei rifiuti rappresentano una parte nodale per prevenire la dispersione nell’ambiente delle plastiche e di altri rifiuti dannosi per l’ecosistema.
Riguardo invece alla raccolta delle plastiche già finite nelle acque, ci viene in soccorso la tecnologia e in particolare le 3 tecnologie promosse da LifeGate e impiegate nei porti e nelle aree marine italiane, per catturare i detriti galleggianti dall’acqua, comprese le ancor più nocive microplastiche”.
Come può intervenire invece la politica per arginare i reati ambientali, in particolare legati alle grandi aree industriali?
“La politica dovrebbe da un lato facilitare le industrie a interpretare i rifiuti come risorsa, promuovendo, anche tramite canali di associazioni di categoria, la creazione di distretti industriali tramite i quali i rifiuti e gli scarti industriali possano essere impiegati da altre imprese per il proprio ciclo produttivo.
Ma non solo, è fondamentale che la politica sostenga la ricerca e l’innovazione in Italia. Sono tante le possibili soluzioni ai problemi delle industrie (pensiamo anche agli sversamenti di inquinanti nelle acque), ma devono essere conosciute, condivise, promosse e rese accessibili, affinché possano supportare le imprese a essere virtuose e rispettose dell’ambiente. Un ambiente che rappresenta anche per loro il territorio che abitano, nel quale producono, nel quale vivono i loro stakeholders e che se rischia di essere compromesso, provoca conseguenze che paghiamo tutti, anche le stesse imprese. Un reato ambientale, oltre a rappresentare un danno etico, è anche un danno economico, che torna letteralmente al mittente.
Dall’altro lato, la politica dovrebbe puntare sul controllo e sulla condanna sociale, per rendere i reati ambientali sempre meno diffusi, promuovendo un vero e proprio cambiamento culturale”.
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