ATTRIBUZIONE INDIRETTA dei COSTI nell’IMPRESA
In un precedente articolo si è posta l’attenzione sui costi diretti e sulle modalità di attribuzione ai singoli items, intendendo per tali i cantieri, le linee di prodotto, le aggregazioni di prodotto o quant’altro l’imprenditore ritenga opportuno.
La finalità dell’attribuzione dei costi, siano essi diretti che indiretti, sta nel giungere alla definizione del margine economico dei singoli items, sacrosanto principio di contabilità industriale.
Come di consueto si vuole prescindere dal fare riflessioni accademiche, ricordando che il punto di vista è sempre quello dell’azienda e dell’imprenditore che si trova ad affrontare simili tematiche, troppe volte spiazzato dalla gran messe di informazioni e punti di vista a riguardo. In alcuni casi l’articolazione della produzione dottrinaria non aiuta chi è chiamato ad assumere decisioni veloci, pragmatiche e, possibilmente, che non costino troppo. Il suo obiettivo è il raggiungimento del risultato in tempi e con costi ragionevoli.
L’attribuzione dei costi diretti, e pro-quota degli indiretti, permette un’adeguata quantificazione del margine reddituale del singolo item con evidenza del margine lordo – ricavi al netto dei costi diretti – e del margine netto con interessamento anche degli indiretti.
Innanzitutto quali sono i costi indiretti? Sono quelli che, per loro natura, non sono direttamente attribuibili al singolo item. Pertanto sarà opportuno quantificarli, creare un ambito omogeneo ed individuare una metodologia per un’attribuzione coerente.
La loro individuazione, seppur discutibile da un punto di vista accademico, non lascia spazio a dubbi: sono (considerati) costi indiretti tutti quelli che non rientrano nell’alveo dei diretti. Lo sforzo maggiore sta nella individuazione di questi ultimi. Tutto il resto sarà oggetto del nostro attuale interesse. Questa dicotomia, magari troppo spartana, potrà essere lontana agli occhi dei puristi ma ci consente di partire nella analisi e considerazione della struttura dei costi e di innervarla fin da subito nel campo della contabilità industriale. In questo modo rischieremmo di avere dei costi oggettivamente diretti ma che la nostra organizzazione non consente la loro puntuale individuazione, al punto da renderli indiretti. Il rischio sta nella possibile non corretta attribuzione al singolo item in base al dovuto, ma tant’è. Per quanto ovvio, se nel prosieguo della gestione, si avrà possibilità di riportare una parte dei costi già considerati indiretti nell’ambito dei diretti ben venga. Ma la soluzione iniziale di partire in ogni caso non ha ingessato il processo stesso. Magari lo ha reso solo “perfettibile”.
Per una loro corretta attribuzione è opportuno che vengano aggregati in ambiti omogenei.
Il range delle possibilità è piuttosto ampio, la cui perimetrazione va da una sola categoria a tante quante sono i costi indiretti individuati. Come sempre la verità sta nel mezzo e, nel rispetto dell’organizzazione aziendale, delle dimensioni e del settore merceologico trattato, occorre individuare un numero di aggregazioni che combini la semplicità di trattamento con la qualità dell’attribuzione ai singoli items. Per un’impresa piccola ci si potrebbe accontentare di cinque, sei aggregazioni. Potrebbero essere: personale, gestione dell’opificio, magazzino, supervisione tecnica, gestione amministrativa, altri costi indiretti. Ogni costo indiretto andrà setacciato ed inserito in uno degli ambiti individuati. Il sesto – altri costi indiretti – funge da zeppa ed accoglierà quanto non agganciabile ai primi cinque.
Ma come è possibile attribuire i costi indiretti, ormai inseriti in sei ambiti che tecnicamente potremmo chiamare “centri di costo”? Si utilizzano dei drivers, intendendo per tali una sorta di caleidoscopio attraverso il quale passano i centri di costo e si posizionano, in percentuale, sui singoli items. La bravura del controllore di gestione sta proprio nel creare drivers in grado di esprimere, in termini di peso percentuale, l’assorbimento di tutti i costi indiretti aggregati nel centro di costo da parte del singolo item. Ovviamente si sta parlando di convenzione, ma l’esperienza aiuta notevolmente nel ridurre i margini di errore e rendere l’attribuzione più coerente possibile.
Torneremo in argomento per meglio rappresentare il rapporto tra items, centri di costo e drivers. Magari evidenziando quelle soluzioni che hanno avuto successo in aziende con dimensioni contenute. Intanto abbiamo creato le condizioni per una corretta attribuzione non solo dei costi diretti ma anche degli indiretti. Invitiamo i nostri amici imprenditori a non demordere su questo argomento che, stando alle esperienze incrociate, non sempre viene vissuto con grande entusiasmo. A volte si ha timore di intraprendere il percorso perché la sua articolazione restituisce un percepito di onerosità ed impegno della struttura ritenuti più che proporzionali alle utilità attese. Mi permetto di porre un flag in merito ed evidenziare che, tra imprenditori curiosi, la dimensione della teoria si infrange sugli scogli del pratico. Solo dopo si potranno percepire tutte le interessanti utilità, a costi ed impegno contenuto.
Quindi, avanti tutta e, in attesa del prossimo approfondimento in materia, emuliamo insieme Gene Wilder che in Frankenstein Junior affermava a gran voce: SI .. PUO’ .. FAREEEEEE !!