Il ruolo del Business Angel nella crescita delle aziende

Erik Somaschini
Il ruolo del Business Angel nella crescita delle aziende
Una risorsa, un valore aggiunto che – al tempo stesso – crede e spinge sul potenziale spesso nascosto di un’azienda. Una figura sempre più importante nel panorama imprenditoriale come ci racconta Erik Somaschini, business angel di alcune innovative realtà imprenditoriali italiane
Non è facile definire in una sola parola la figura del business angel, ma c’è chi per anni ne ha ormai conosciuto diverse sfaccettature per parlarne e riconoscersi in essa perfettamente. Come Erik Somaschini, innovation manager a tutto tondo, oltre che consigliere AssoESG ed ex-presidente di Anapa Lombardia. Oggi ricopre il ruolo di titolare dell’agenzia assicurativa plurimandataria Brianza Assicurazioni, ma quello di business angel è un ruolo che è anche un sunto del suo intero percorso e del know how sviluppato in anni di consulenza assicurativa:
«È quella figura – ci racconta – che in relazione alla propria esperienza imprenditoriale (o manageriale) e competenza, supporta le start up nelle fasi iniziali della propria esistenza, sostenendole dal lato strategico con la definizione ed il miglioramento del modello di business commerciale, in base al proprio network relazionale e finanziario, attraverso investimenti personali diretti o tramite veicoli societari».
Al di là delle definizioni, però, il sistema imprenditoriale di oggi si compone di tali e tanti fattori e subisce l’influenza di così tante variabili da richiedere molte competenze, capaci di guidare sin dai primi passi una società. E considerando anche lo sviluppo così rapido che le innovazioni impongono. «L’apporto dei business angel non solo è in relazione alle start up nello specifico ma, più in generale, per lo sviluppo soprattutto in campo digital e sustainability sul mercato italiano – ci sottolinea – L’Italia in relazione all’enorme potenziale creativo è purtroppo fanalino di coda fra i grandi paesi occidentali in merito agli investimenti in start up, pertanto figure come i business angel sono ancor più indispensabili». L’intera gamma di aziende in procinto di aprirsi a mercati sempre più severi impone, infatti, passi cauti. «L’ecosistema delle start up non va colto solo nel merito delle giovani aziende stand alone – continua Somaschini – ma anche come un potenziale enorme vivaio a disposizione delle imprese medie e grandi già strutturate per esternalizzare a zero rischio parte dell’R&D, poiché anche in questo aspetto l’Italia non primeggia negli investimenti privati e pubblici in Ricerca & Sviluppo. Pur ciò detto – precisa – inequivocabilmente gli investimenti pubblici negli ultimi anni stanno imprimendo una evidente e positiva accelerazione a sostegno delle start up italiane». Quali fattori, in particolare, stanno favorendo tale processo è facile immaginarlo. «PNRR, Fondi specifici nazionali e regionali insieme all’eccellente attività di CDP stanno contribuendo in modo determinante allo sviluppo dell’ecosistema delle start up italiane, insieme ai business angel, club deal e fondi di Venture Capital».
Ma la giungla dei rischi come delle opportunità è dietro l’angolo. Per le decisioni che avviano o proseguono un percorso imprenditoriale, si torna al ruolo fondamentale che gioca, in questo senso, proprio il business angel. «A livello personale ed in base alla mia esperienza e competenza, mi appassiona affiancare i giovani imprenditori nelle prime fasi di vita della loro iniziativa imprenditoriale – ci confessa il manager – Il mio approccio è fortemente di impronta umanistica, in quanto nell’ambito delle mie scelte personali di investimento e per conto del Club deal di cui sono socio e fondatore, Spartan Capital, seleziono gli startupper attraverso un’analisi olistica, andando ad approfondire il percorso personale, le motivazioni e la visione dei singoli giovani imprenditori. Solo successivamente entro nel merito dei numeri e del modello di business. È indispensabile creare un rapporto di grande trasparenza e fiducia reciproca per ottenere grandi risultati. Per esempio, in questo periodo mi sto occupando di supportare Ristoply, start up che digitalizza le attività di approvvigionamento fra fornitori e ristoranti e Must Had, che invece e’ una piattaforma di upcycling per la moda, in entrambi i casi, i fondatori sono giovani imprenditori dotati, oltre che di talento, di valori umani distintivi».
Le prime fasi di vita di una start up, poi, specie quelle nate da giovani manager, sono quelle che determinano il futuro e le possibilità di affermazione sul mercato. E ci sono alcune leve su cui lavorare.
«Un altro aspetto a cui tengo particolarmente è educare i giovani imprenditori all’efficienza, cioè imparare ad esprimere risultati degni di nota con risorse finanziarie limitate, con l’obiettivo di essere cash positive nel minor tempo possibile. Solo così si possono creare basi solide gestionali e di crescita per poi procedere alle fasi successive dei round di investimento volti ad imprimere un’accelerazione decisa e una crescita esponenziale della start up, nonché passare alla selezione delle figure manageriali e operative più idonee, per permettere il salto dimensionale e di qualità definitiva per poi procedere all’exit parziale o totale, ovvero alla quotazione dell’azienda innovativa».
E se questo è un percorso lineare di successo, resta da chiedersi quali siano, invece, le insidie maggiori o le scelte errate o semplicemente poco visionarie. «In linea generale – ci risponde Somaschini – non condivido la prassi di finanziare con round milionari start up che presentano Ebitda fortemente negativi sia a livello percentuale che assoluto, affidando l’affermazione sul proprio mercato di riferimento ad una leadership prettamente finanziaria, crescendo per linee esterne, acquisendo uomini e tecnologia ex post sul mercato a discapito di operatori autonomi e sani. Mi ispiro sempre nella mia attività e alle conseguenti decisioni di investimento ai principi del Neoumanesimo e della Humanovability, condividendo la visione di Oscar Di Montigny. In base alla mia esperienza personale – conclude – ritengo indispensabile che gli startupper scelgano il proprio business angel o anchor investor non solo dal punto di vista del potenziale finanziario di investimento, ma soprattutto dal punto di vista della complementarità a livello umano e prestando attenzione alle competenze, all’esperienza e ai risultati del business angel nel proprio settore di attività».