Design Italy, l’e-commerce del design italiano. Intervista a Roberto Ferrari, ex Direttore Generale di CheBanca! e fondatore della start up.
Il marketplace specializzato nel design italiano, partito commercialmente a fine 2020, cresce e attira sempre più brand, oltre 140 dai più grandi e famosi agli indipendenti o piccole realtà manifatturiere, dando vita a un catalogo online che oggi conta già oltre 12 mila oggetti selezionati. Il 90% delle vendite all’estero, in oltre 40 paesi del mondo.
1) Qual è l’intuizione che ha portato alla nascita della piattaforma?
L’intuizione madre è di costruire una “Eataly” del design contemporaneo italiano, invertendo però il modello distributivo, ossia partendo dal mondo digitale, come a suo tempo ha fatto ad esempio Yoox nella moda.
Cosi come Eataly nel food, noi partiamo da un assunto: l’assoluta centralità e potenzialità nel mondo del design made in Italy. Il nostro focus è essere una flagship sul made in italy. Siamo gli unici tra le piattaforme digitali attive “marketplace” nel nostro settore con questa focalizzazione. E stiamo costruendo questo sulle basi del fortissimo potenziale di crescita dell’export, con una connotazione digitale nativa molto forte e che farà sempre di più la differenza sia per il target B2C che per quello B2B. Per dare un dato solo sul furniture Alta Gamma stima un potenziale di crescita di 20mld di export dell’high end in pochi anni, guidato anche dalla crescita dell’online. Noi vogliamo cogliere questa grande opportunità con un ruolo da protagonisti.
2) Su Design Italy sono in vendita grandi brand del design Italiano come Driade, FontanaArte, Missoni Home, insieme a designer indipendenti, ancora poco conosciuti dal grande pubblico. Come è nata questa scelta, e quali vantaggi apporta dal punto di vista commerciale?
L’idea alla base di Design Italy è quella di essere un punto di riferimento sul design made in Italy contemporaneo e di alta qualità, al fine di promozionare lo stesso nel mondo. Pertanto la piattaforma ha nel suo DNA la trasversalità, andando a cogliere, quasi a fare cherry picking, il meglio secondo l’obiettivo descritto e offrirlo alla clientela B2C e B2B nel mondo.
Unire brand più conosciuti a quelli meno noti permette quindi di presentare al mondo ciò che l’Italia ha di meglio da offrire, dando opportunità ai talenti emergenti e più piccoli di avere uno sbocco digitale e qualificato per l’estero e ai brand più riconosciuti la possibilità di crescere insieme nel segmento del digital export, ancora relativamente poco sviluppato e conosciuto per loro, che presenta margini di crescita assolutamente rilevanti.
3) Quali sono stati i “movimenti” e le strategie di sostenibilità economica alla base del progetto digitale?
Design Italy è un’azienda digitale di ultima generazione. Non un ecommerce e basta.
Partire digitali significa ad esempio incorporare da subito i benefici di un cuore “martech”, permettendoci di ottenere almeno tre risultati:
1) espanderci da subito all’estero: già oggi il 90% delle nostre vendite sono realizzate dall’estero, e abbiamo clienti da 40 Paesi;
2) utilizzare operativamente il modello di dropshipping, calarlo nella realtà del design, al fine di ottimizzare l’efficienza operativa, garantendoci margini sicuramente interessanti;
3) Utilizzare il digitale per lavorare su entrambi i target: B2C e B2B, attraverso funnel di acquisizione e strumentazioni e servizi digitali o digitalmente “empowered” dedicati e innovativi.
Fare e-commerce su questo mercato non è semplice, ed è questo uno dei motivi per cui in generale il settore si è mosso tardi rispetto al fashion o al food, il digitale serve per governare le operations, il marketing, anche il commerciale & customer care.
Sono molti gli ulteriori sviluppi digitali che abbiamo in cantiere ovviamente e si vedranno man mano in parallelo con la crescita di fatturato.
4) L’estero assorbe larghissima parte della produzione italiana del settore dell’arredamento. Il driver della crescita è, sempre più, l’online. Quali sono oggi le difficoltà per le aziende del settore che vogliono sfidare il mercato digitale? In che modo gli “aggregatori” di offerta come Design Italy, intervengono in questo?
Il settore ha due problematiche principali:
a) in generale vi è una cultura ed esperienza digitale molto bassa. Il boom del made in Italy è stato costruito su modelli distributivi tradizionali che nel tempo hanno rappresentato e stanno ancora in buona parte rappresentando un freno rispetto all’espansione del digital export di questo settore. Ne consegue che le aziende produttrici molto spesso non sono ancora in grado di gestire in maniera autonoma e completa lo sviluppo del canale, non sono attrezzate né hanno risolto ancora la problematica- del tutto falsa – del conflitto tra canali;
b) la logistica rappresenta un ostacolo operativo non banale. Un conto è spedire un vestito in Australia un altro è mandare un divano a tre posti. Bisogna comprendere bene cosa si vende e come si può venderlo e consegnarlo all’estero. Ma se qualcuno dice “non si può fare” sta mentendo, come minimo a se stesso. Si può fare. Noi abbiamo iniziato a farlo e ogni giorno che passa diventiamo sempre più bravi, anche di fronte alle problematiche attuali globali nel mondo della logistica.
Il modello marketplace “digitalmente” evoluto che stiamo creando risponde appieno a quello che ad esempio McKinsey prevede, laddove stima che la maggior parte della crescita dell’ecommerce nel mondo sarà catturata da marketplace online perché meglio attrezzati per gestire la scala e le complessità oltre a offrire un singolo shopping point alla clientela finale. Il loro volume di affari si prevede possa triplicare. Questa è la nostra visione per tenere e catturare il valore in Italia e non cederlo a marketplace stranieri.
5) L’Italia parla da sempre il linguaggio della creatività, della tradizione e dello stile. Come si raccontano oggi questi valori sulla rete?
Serve molto storytelling digitale. Noi siamo una nazione piena di “makers” eccezionali, ma povera di “sellers”. Ci accontentiamo nel fare le cose belle e per bene piuttosto che di valorizzarle nel mondo.
Diamo per scontato che si vendano da sole.
Non funziona cosi’, vanno valorizzate il più possibile, utilizzando i social, servono molti contenuti video, anche relativamente al momento della produzione stessa nonché quello della generazione dell’idea, del concept dietro l’oggetto. Non è facile convincere un produttore a filmare quando produce ma è uno degli asset straordinariamente più forti che possiamo avere.
All’estero restano sempre a bocca aperta, stupiti dal nostro know how manufatturiero e artigianale e non immaginano quale concept di design possa esserci dietro un oggetto made in Italy.
Vanno poi usati in maniera intelligente i budget di marketing. Il marketing è un investimento, ma le aziende italiane spesso faticano a capirne veramente il valore. Significa “fare mercato”, appunto, far crescere la domanda, indirizzarla verso di noi e non verso altri, verso le imitazioni o altre offerte meno di qualità. Come si diceva prima questo è uno dei motivi per cui i marketplace crescono e cresceranno, sono nati per fare marketing e noilo facciamo made in italy.
Infine vanno creati servizi corollari, specie nel mondo B2B al fine di creare differenziazione, loyalty, ed evitare di giocare solo sulla leva prezzo.
6) Digitalizzazione non è necessariamente sinonimo di “spersonalizzazione” dei servizi. La capacità di mantenere una relazione friendly tra acquirenti e venditori resta un punto importante nel percorso di acquisto online. Come si crea oggi questa fiducia nei confronti del mondo digitale?
La customer centricity è una cosa in cui o ci si crede davvero o ci si fa finta di credere. Il nostro è il primo caso, siamo nati cosi’. Il customer care è uno degli asset principali che abbiamo. Funziona benissimo in ambito B2C verso la clientela diretta affluent nel mondo, e sta cominciando a girare anche verso la clientela B2B, studi di interior design, stylist, architetti che gestiscono clientela HNWI, con liquidità maggiore e che ci cercano partendo dall’online. Riusciamo a creare dialogo tra le parti, offrire personalizzazioni e servizi.
Il risultato è che abbiamo su Trust Pilot lo score dalle customer reviews più alto di tutti i nostri concorrenti diretti, un livello medio dello scontrino medio già a livelli 3-4 volte superiori alla media dell’ecommerce italiano, un tasso di returning customers a due cifre. Come diceva un mio ex collega una volta, “things don’t grow on trees”, i risultati bisogna saperseli guadagnare.
7) Quali sono le figure chiave della vostra Azienda?
Sembrerà retorica ma sono tutte figure chiave. Undici in azienda più qualche collaboratore esterno. Siamo ancora una startup e quindi dimensionalmente in crescita ma ancora piccoli, se uno sbaglia danneggia tutti, se uno va meglio del previsto ne beneficia tutta la micro azienda, dal customer service al merchandising, dal marketing alle operations, dal digital IT all’amministrazione dalla creatività ai contenuti.
8) Quali sono le previsioni di crescita di Design Italy?
Questo anno miriamo a un fatturato a sette cifre e ci arriveremo. L’obiettivo nel medio è di arrivare velocemente a 20 milioni di fatturato lordo, sempre con un peso dell’export superiore all’80% come minimo, puntando su entrambi i target, B2C e B2B, e mantenendo una forte connotazione digitale innovativa per il settore.
In realtà potremmo puntare anche ai 50 milioni e oltre scalando definitivamente, eventualmente anche delle opportunità di M&A, tutto dipenderà da quante risorse finanziarie, come founder, sarò in grado di portare sull’azienda. Il potenziale è concreto e lo stiamo dimostrando sul campo.