• 26/01/2025

DIDays 2023 all’insegna dell’informalità

 DIDays 2023 all’insegna dell’informalità

Stefano Saladino

Con Stefano Saladino, Head of Content Strategy dei DIDays, stiliamo un bilancio dell’edizione appena conclusa e guardiamo al futuro, non solo della manifestazione, ma più in generale degli eventi tech

 

I Digital Innovation Days (sito web) hanno spento cinque candeline e il 27 ottobre hanno festeggiato con una serata informale, che ha chiuso la tre giorni di incontri. «Un buon modo per scaricare l’energia dei giorni precedenti e rafforzare quella dimensione umana e relazionale che ha rappresentato il fil rouge della manifestazione. Ecco dovessi racchiudere in una parola questa edizione, sarebbe “informalità”». Stefano Saladino, Head of Content Strategy dei DIDays, pone l’accento su quello che è stato il tema portante dell’edizione 2023: “Human connections”.

Stefano, la parola “human” è ormai parte integrante dei Digital Innovation Days. Perché è così importante?

«Se parlo solo di tecnologia racconto la funzionalità, se metto al centro la persona racconto una potenzialità. È questa la grande differenza. La potenzialità di un essere umano in quanto singolo, ma interconnesso agli altri, grazie a una tecnologia che se da un lato temiamo possa isolarci, contemporaneamente ci offre possibilità di interconnessione incredibili. Questo confronto, questa somma di saperi, permette di mettere a valore la conoscenza e l’innovazione. Inoltre, l’essere umano deve capire appieno il potenziale delle innovazioni per poterle usare e non subirle. Il nostro obiettivo è abilitare una sorta di “superpotere”».

Qual è il bilancio di questa edizione appena conclusa?

«Sono molto soddisfatto, tutti i relatori hanno dimostrato una grande disponibilità non solo sul palco, ma anche e soprattutto al termine dei talk, fermandosi a incontrare i partecipanti. Si sono creati momenti molto produttivi di networking spontaneo. C’era la volontà di condividere conoscenza, esperienze, opportunità e credo che questo sia il vero valore dei DIDays.

Per quanto riguarda le tematiche affrontate, abbiamo toccato molte aree, ma ovviamente l’ha fatta da padrona l’intelligenza artificiale: dal suo impatto sull’industry a come modifica il business, ma anche come impatta sulla nostra quotidianità. Abbiamo cercato di spiegare che di fronte a innovazioni così disruptive è importante non aver paura, ma cercare di comprenderle, leggerle correttamente e usarle in modo funzionale alle nostre necessità. Soprattutto, sfruttando la poliedricità dei nostri relatori, abbiamo cercato di offrire una visione il più possibile sfaccettata in modo da lasciare ai partecipanti spunti diversi da mettere insieme e calare nel proprio quotidiano».

I DIDays sono nati a cavallo della pandemia. Questo quanto ha influito sulla loro organizzazione?

«Ha influito e influisce in modo importante. Ci obbliga a interrogarci su come cambia l’approccio delle persone agli eventi. Nella situazione pre-Covid c’era una grande predisposizione a partecipare a eventi e convegno. Durante il Covid ci siamo adattati alla necessità di organizzare eventi a distanza. Dopo, il mercato ha iniziato a produrre eventi in modo importante, quasi bulimico. E questo rende più complesso raggiungere il tuo pubblico di riferimento, bombardato da tantissime proposte e devi riuscire a emergere con la qualità delle proposte.

C’è desiderio di relazioni, ma è sempre più difficile che qualcuno possa partecipare a un evento di tre o più giorni. Ecco perché ci sono sempre più eventi ibridi: uno magari segue un giorno in presenza, qualcosa in live streaming e altri contenuti li fruisce on demand. Gli eventi che funzionano sono quelli che offrono opportunità concrete di networking e spunti».

E dunque, che futuro immagina per gli eventi?

«Per quanto ci riguarda, cercheremo di offrire il più possibile punti di vista non lineari, fuori dagli schermi, che non si possano trovare online. Siamo abituati a lavorare dentro le nostre bolle, noi ci proponiamo di farti uscire dalla tua bolla, cercando di aprire nuovi orizzonti.

Ma soprattutto, dovremo essere attenti a cogliere le sollecitazioni del pubblico, in continua e rapida evoluzione. Si parla di nuova normalità, ma non credo che sia stata effettivamente raggiunta. Penso piuttosto che assisteremo a un adattamento costante alle circostanze e dunque è necessario intercettare le necessità del momento e trovare le risposte migliori».

Guardando ai DIDays 2024 c’è qualche idea in cantiere?

«Sicuramente nel titolo ci sarà ancora la parola “human”, che diventerà una costante. Ci interessa esplorare la dimensione personale della conoscenza, che aiuta la persona a vivere meglio nel suo ambiente e non solo nella sua attività produttiva. Vogliamo concentrarci sull’arricchimento personale, che poi ogni singola persona può ridistribuire nei contesti di riferimento e portare anche all’interno del suo lavoro.

Sicuramente insisteremo sull’aspetto formativo, implementando altri strumenti che vadano oltre l’evento. L’evento è bello, ma è circoscritto, vive un momento di hype e poi fino all’edizione successiva perde di pervasività. Stiamo studiando progetti che diano continuità ai temi affrontati dai Digital Innovation Days.

A fine novembre inauguriamo il nostro podcast, “Gli innovatori”, che realizzeremo in collaborazione con Podcaststory. Sarà incentrato sulle persone che stanno innovando, racconteremo le loro storie, l’impatto che le loro intuizioni hanno sulle persone. L’obiettivo è far scoprire innovatori meno conosciuti e dare loro visibilità, oltre a esplorare le radici e il contesto culturale che li ha portati all’innovazione».

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Luca Indemini

Giornalista specializzato in tecnologia e innovazione

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