I giovani sono in difficoltà?
I giovani sono in difficoltà? Una soluzione c’è. Intervento di Marta Moroni, direttrice CSV Milano
Il benessere psicologico dei giovani in Europa sta emergendo come una delle questioni più preoccupanti, con un numero crescente di adolescenti che affronta problemi di ansia, depressione, e altre difficoltà emotive.
Dati recenti mostrano come le relazioni sociali, la formazione e l’impegno civico possano giocare un ruolo chiave nel migliorare la loro salute mentale. Esperienze come il volontariato offrono ai giovani un’opportunità di sfuggire alle pressioni quotidiane, ritrovare relazioni autentiche e crescere in un contesto di attivismo e partecipazione, riducendo così il loro disagio
Lo State of Children in the European Union del 2024 stima che nei ragazzi di età tra i 15 e i 19 anni circa l’8 per cento soffra di ansia e il 4 per cento di depressione. Tra i problemi che il rapporto evidenza compaiono l’uso di sostanze (54%), i disturbi alimentari (38%) e del sonno (63%), e il bullismo (38%).
Queste cifre, sebbene impressionanti, temo non sorprendano: chi non conosce giovani adolescenti che attraversano queste fatiche e che soccombono nelle loro fragilità? E chissà quanto di più ancora noi adulti non vediamo e invece c’è. Lundbeck Italia e Your Business Partner hanno indagato il fenomeno in Italia dal punto di vista qualitativo entrando nelle scuole e facendo parlare ragazzi, genitori e docenti.
Hanno così scoperto che, nel campione selezionato, il 71 per cento degli studenti intervistati diceva di provare un disagio, mentre, tra i genitori, solo il 31 per cento si accorgeva dei problemi del proprio figlio, e ancora: il 100 per cento dei docenti denuncia questa situazione tra gli studenti, addirittura più di quanto non raccontino loro stessi.
Lo State of Children in the European Union del 2024 ci aiuta a capire quali sono gli aspetti che maggiormente incidono sul benessere psicologico dei ragazzi ed evidenzia quanto la sfera delle attività, spesso con i coetanei, e quella delle relazioni, con amici, compagni di scuola e familiari, incidano in modo maggiore sulla serenità dei giovani rispetto alle altre sfere mappate: del network, delle risorse, delle politiche e del contesto.
Risulta, quindi, coerente l’indicazione di Censis, nel suo Rapporto Post Pandemico della necessità di sostenere i ragazzi in particolare su due aspetti: “sviluppare un benessere della mente e favorire un equilibrio delle relazioni sociali, familiari e formative”.
Relazioni sociali, formazione, benessere della mente, però, sono anche aspetti decisamente tipici, per non dire cardine, delle esperienze di protagonismo civico e di volontariato che, come CSV Milano, conosciamo nel nostro territorio e sappiamo esistere ed essere a disposizione dei ragazzi in tutta Italia.
Opportunità che, ormai, si presentano in forme molto diverse, per ambito di intervento (ambiente, salute, ricerca, socialità, sport, diritti) e per tipo di ingaggio (in un’organizzazione o individuale, continuativo o saltuario, intensivo o diradato nel tempo).
Sorprende però quanto racconta Openpoilis in un suo report del 2024, segnalando che le giovani generazioni, contrariamente agli stereotipi che si attribuiscono loro, hanno in realtà già importanti livelli di partecipazione e attivazione in alcuni settori quali volontariato, associazionismo ricreativo culturale, associazionismo ecologico e per i diritti umani, e questo nonostante abbiano risentito maggiormente della politica di quarantena.
Già nel 2021 i ragazzi italiani tra i 14 e i 24 anni mostrano, infatti, un interesse superiore rispetto ai coetanei europei in mobilitazione per l’ambiente e per i diritti (64 per cento di interesse degli italiani contro il 50 per cento della media europea) e primeggiano in partecipazione in Italia nelle associazioni che si occupano di questi temi, rispetto alle altre fasce di età.
Quindi i giovani ci sarebbero, ci sono, hanno voglia e probabilmente bisogno di attivarsi, di coltiva re, con esperienze anche di volontariato e cittadinanza attiva, le relazioni sociali e familiari, e di crescere formandosi attraverso esperienze di protagonismo, sviluppando così il benessere della loro mente secondo le indicazioni di Censis.
L’impegno volontario è, infatti, un’opportunità che consentirebbe loro di acquisire strumenti per affrancarsi dal loop nel quale si ritrovano e saper affrontare molte delle difficoltà che li sovrastano.
Nel corso del progetto Io Noi che CSV Milano accompagna, insieme ad altri, nell’Ambito Visconteo (area sud-est della città Metropolitana di Milano), i ragazzi che abbiamo incontrato hanno confermato quanto l’esperienza di volontariato sia stata loro utile per il proprio benessere psicologico.
Ci hanno detto, infatti, che hanno vissuto la partecipazione civica come occasione per “uscire” dal turbine quotidiano nel quale si erano trovati travolti. Ci hanno spiegato che nella vita di tutti i giorni, loro, per raggiungere i propri personali obiettivi, si trovano a dover costantemente “correre”, perché il mondo va veloce e devono stare al passo, sentendosi così piano piano logorati.
Quando poi hanno cominciato a fare volontariato hanno avuto la possibilità di “fermarsi”, di guardare ad altro e contestualizzare il proprio orizzonte. Si sono liberati del giogo del ritmo vorticoso e hanno “tirato un respiro di sollievo”.
I ragazzi ci hanno anche riferito che questa contestualizzazione ha permesso loro di affrancarsi dai modelli imperanti proposti dai social, che sono gli unici modelli di riferimento nei momenti di isolamento e che raccontano falsamente di vite meravigliose e per loro natura irraggiungibili.
L’impegno volontario, invece, li ha riportati a relazioni vere e ricche delle sfumature, positive e negative, delle quali la vita reale si colora. Hanno riscoperto il valore delle piccole cose e il piacere di averle conquistate con perseveranza e tempo.
Ma allora cosa manca? Cosa serve per attivare i ragazzi al protagonismo civico visto l’indubbio impatto così forte sulla riduzione del loro disagio? E visto che addirittura il 66 per cento degli under 34 ripone fiducia nel volontariato, più che in ogni altra istituzione? Cosa possono e devono fare gli adulti per accompagnarli?
I ragazzi del Board giovani di Io Noi convergono su un aspetto come tra i maggiori nodi della distanza tra generazioni: l’ascolto, e questo, forse, vale anche al di fuori del mondo del volontariato. I giovani non si sentono ascoltati, non vedono accolta la loro diversità dalle generazioni precedenti, la loro proposta di modelli, linguaggi, visioni diverse e specifiche della loro generazione.
Gli adulti non capiscono perché i ragazzi non siano interessati a quello che ha reso tanto ricca e soddisfacente la propria vita di impegno sociale, come quella lavorativa o politica. In un interessante articolo che uscirà su VDossier (anticipato sul sito ora e in uscita a novembre sul cartaceo) si analizza la partecipazione al volontariato dei ragazzi attraverso i dati Istat e le testimonianze di alcuni importanti dirigenti di associazioni.
Ricorrenti sono alcuni elementi che illustrano il modo proprio di partecipare alla vita sociale dei giovani e sono: la messa a disposizione di competenze più che di tempo, la voglia di crescita, il seguire le urgenze, l’attivismo e la mobilitazione, il bisogno di protagonismo e di un riscontro concreto.
Si tratta di elementi specifici, caratteristici di “questa” generazione di giovani, nati e cresciuti in un contesto sociale, culturale, ambientale proprio, e che, per ora, faticano a trovare spazio di espressione nel modo adulto che li circonda.
Serve, quindi, il “software” dell’ascolto: la voglia degli adulti, ma anche dei ragazzi, di mettersi in relazione, di confrontarsi senza la necessità di convincersi reciprocamente, ma per il bisogno di conoscersi e avvicinarsi, serve la disponibilità a rimettere in discussione modalità operative consolidate anche quando fino ad ora vincenti, di sperimentare nuovi modi di leggere, interpretare e rispondere alla realtà.
E accanto a questo, però, serve un “hardware” dell’ascolto: spazi dedicati, riconosciuti trasversalmente a ogni livello, politico, istituzionale, imprenditoriale e sociale, dove l’esercizio della relazione “tra diversi” diventi una prassi operativa in grado di generare valori condivisi, attivare energie alle quali dare seguito con strumenti e competenze.
CSV Milano è il Centro di Servizio per il Volontariato di riferimento per la città metropolitana di Milano. Dal 1997 promuove la cultura del Volontariato e supporta organizzazioni e cittadini nel dotarsi di competenze, collaborare con altri soggetti, reperire risorse e intervenire sui bisogni sociali.