Il futuro delle terre rare è nei rifiuti elettronici
Il progetto RARE dell’Università Bicocca
Si aprono nuovi scenari per la reperibilità dei metalli provenienti dalle terre rare, una classe di elementi chimici oggi d’importanza strategica per la realizzazione di una vasta gamma di tecnologie, come le batterie per veicoli elettrici o ibridi, gli smartphone, i computer, i pannelli solari e per la fibra ottica. Grazie a un nuovo progetto di ricerca, denominato “RARE”, avviato dall’Università Bicocca di Milano, nel prossimo futuro, potranno essere estratti e recuperati dai rifiuti elettronici, attraverso l’uso di un dispositivo sostenibile, realizzato a partire dagli scarti dell’industria chimica e dell’acciaio.
Un significativo passo avanti nel piano di transizione ecologica, considerato che il nuovo sistema, messo a punto dal team polispecialistico dell’Ateneo milanese (composto da Lorenzo Viganò e Daniele Montini, dottorandi in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali; Jessica Bosisio, laureata in Economic and Business Science, e dalla Dott.ssa Barbara Di Credico, ricercatrice del Dipartimento di Scienza dei Materiali), consentirà di effettuare l’estrazione di tali materiali, a costi decisamente più sostenibili, rispetto a quelli del processo tradizionale, che notoriamente è anche altamente inquinante.
Rifiuti elettronici: miniere di terre rare
Allo stato attuale, secondo i giovani ricercatori dell’Università Bicocca, i rifiuti elettronici vengono recuperati soltanto in minima parte, nonostante rappresentino una vera e propria miniera di terre rare. Rame, l’alluminio e il ferro vengono comunemente riciclati, mentre pochi riescono a riciclare anche questi altri materiali. “Recuperare scarti industriali per creare le nuove materie prime adatte alla cattura di questi elementi chimici permetterebbe di abbattere i costi che comportano gli altri metodi di recupero. In questo modo, inoltre, si promuove un’idea di economia circolare, dove i rifiuti non vengono eliminati, ma si cerca di dar loro una seconda vita”.
In questo contesto il progetto RARE punta a sviluppare un dispositivo di recupero che sia anche sostenibile e attento all’ambiente. In concreto, spiegano i ricercatori, “attraverso specifici trattamenti di questi rifiuti, gli ioni delle terre rare possono essere trasferiti in acqua e successivamente catturate dal nostro dispositivo. Ulteriori trattamenti permetteranno di recuperare questi elementi e, idealmente, renderli riutilizzabili per la produzione di nuovi dispositivi elettronici e tecnologie”.
Un minor impatto ambientale e una “nuova indipendenza”
Un nuovo futuro si prospetta dunque, per il recupero e il riutilizzo delle terre rare, che non solo garantirà costi inferiori e un minor impatto ambientale, ma permetterà all’Europa di costruirsi una nuova indipendenza da quei Paesi, in primis la Cina, da cui ha sempre importato tali elementi.
Un processo evolutivo necessario e fondamentale che trova già ampia applicazione nel Net Zero Industry Act, il nuovo piano industriale messo a punto dalla Commissione Europea, per rafforzare la capacità produttiva europea e ridurre le dipendenze strategiche in otto settori chiave per la decarbonizzazione. Fotovoltaico, eolico, batterie, pompe di calore e le altre principali declinazioni del clean tech (ma non il nucleare) beneficeranno ad esempio, di autorizzazioni più rapide e di un accesso più facile ai finanziamenti.
A tal proposito, Fabio Pegorin, Business Development Manager di EIT RawMaterials, ha osservato: “L’invasione Russa dell’Ucraina ha ulteriormente messo in risalto l’importanza per l’Unione Europea di riuscire a rafforzare le filiere locali per un approvvigionamento stabile e sostenibile di metalli e minerali necessari per la transizione energetica”.
“È un imperativo quindi, non solo sostenere progetti che mirano all’estrazione mineraria sostenibile di questi materiali strategici, ma anche incentivare nuovi approcci e tecnologie come quelli proposto dal progetto RARE che mirano a estrarre gli stessi da prodotti che li contengono e che hanno raggiunto il fine vita, tutto questo in un’ottica di economia circolare”, ha concluso Pegorin.
Un progetto sostenuto da EIT RawMaterials
Il progetto RARE ha partecipato alla quinta call Bicocca Università del Crowdfunding, il programma di finanza alternativa dell’Ateneo che promuove lo sviluppo di progetti innovativi e idee imprenditoriali, e ha ottenuto il sostegno di EIT RawMaterials, consorzio europeo che si occupa delle materie prime non fossili a supporto della transizione energetica.
È stata avviata inoltre una raccolta fondi su Produzioni dal Basso, prima piattaforma italiana di crowdfunding e social innovation. È la prima delle tre campagne previste per questa edizione di Bicocca Università del Crowdfunding.
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