Il ruolo sociale dello sport
Marco Riva, lecchese di Galbiate, vanta una grande esperienza nell’amministrazione e nella organizzazione sportiva, nelle pubbliche relazioni e nella formazione di figure tecniche. Da un anno riveste il ruolo di presidente del CONI Lombardia, comitato regionale del movimento olimpico italiano. Una sfida iniziata a 38 anni e che nasce da un impegno e una partecipazione attiva nel mondo dello sport frutto di un percorso professionale perseguito con tenacia e determinazione
Presidente, qual è secondo lei il primo compito del presidente di un comitato regionale del CONI?
«Il ruolo principale dei Comitati regionali è quello di mantenere il rapporto con il territorio. Il principio della condivisione guida i nostri sforzi verso la diffusione della pratica sportiva e degli insegnamenti nati da valori che sono patrimonio universale della cultura globale. La territorialità è fondamentale: non si può prescindere dalla conoscenza di persone, luoghi e impianti nella costruzione di un modello funzionale. Maciniamo chilometri tutto l’anno per avere sotto osservazione lo stato di salute del sistema regionale, per studiare sinergie, conoscere le criticità e sollecitare interventi».
Ha parlato di valori: quale strada ha scelto di percorrere per promuoverli?
«Vogliamo essere protagonisti sui campi, nelle palestre, nelle piscine, sulle strade, in ogni luogo dove si fa sport, ma anche nelle scuole, nelle università, nei luoghi di aggregazione e in tutte quelle strutture dove c’è chi pratica lo sport ma anche dove la cultura nasce e si sviluppa. Vogliamo condividere le esperienze di oltre un secolo di passione sportiva, attraverso la diffusione della conoscenza e della storia. Non parliamo soltanto di imprese memorabili, ma anche di valori assoluti che proprio la storia dello sport ci ha regalato sia nei momenti di gioia che in quelli terribili del dolore. Il nostro mondo è lo specchio della società in cui viviamo e in esso è possibile vivere pregi e difetti dei sistemi che ci governano. Utilizziamo toni e vocalità differenti a seconda della platea: un impegno non indifferente che ci impone aggiornamenti costanti e flessibilità assoluta, con la speranza di trovare sempre degli interlocutori istituzionali aperti al dialogo e alla condivisione. Don Bosco diceva: “Compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare.” Credo che sia questa la nostra missione».
Il valore dell’inclusività rappresenta sicuramente uno dei punti fondamentali del suo percorso…
«Quando rappresenti un mondo tanto grande, il tema dell’inclusività è sicuramente qualcosa che deve essere ben presente nella testa di un presidente. È necessario che lo sport venga visto come attività essenziale e per questo sappiamo che solo lavorando insieme e facendo sentire tutti protagonisti si possano raggiungere dei risultati di eccellenza. Tutto questo si trasla ovviamente nella politica sportiva: nessuno deve rimanere escluso dai nostri progetti e per questo lavoriamo ogni giorno. Non sempre è facile: occorre capire che i personalismi sono secondari rispetto all’obiettivo di portare gioia e opportunità di crescita a più persone possibili. Oggi affrontiamo questa sfida con l’appoggio e il supporto della coscienza collettiva: la nostra società va sempre più verso l’inclusività come valore cardine del vivere civile. Noi sentiamo di dover fare ancora molto all’interno del nostro programma per rendere lo sport accessibile a tutti quei giovani che vivono in situazioni di emarginazione a seguito della crisi economica, e dobbiamo farlo capendo che facciamo parte di una famiglia».
L’inclusività passa dalla partecipazione e la condivisione…
«Si dice: “l’importante è partecipare”. Noi partecipiamo per vincere. Non c’è una contraddizione in tutto questo: dare il massimo per arrivare al risultato migliore possibile, superare i nostri limiti, migliorarci, sono la chiave di una partecipazione “viva”. Non siamo semplici comparse nella vita: vogliamo arrivare al traguardo con la consapevolezza di aver dato tutto ciò che si poteva e magari anche qualcosa in più. Se questo vale come filosofia nello sport, deve valere a maggior ragione nella nostra politica sportiva: vogliamo essere attori partecipi delle scelte, mettere le nostre forze al servizio del processo di crescita della nostra regione. Al tempo stesso, crediamo in una presenza efficace ma discreta. Non esserci per far vedere di esistere, ma esserci perché la nostra presenza è utile. Per fare questo riparto da quel concetto di territorialità espresso in precedenza: il nostro impegno deve essere figlio della condivisione e diffusione di quelle istanze che il territorio ci propone. Ascoltare è fondamentale in questo processo di costruzione».
Un impegno al servizio di tutti che però reclama indipendenza…
«L’indipendenza rappresenta un cardine fondamentale per il nostro sistema. Spesso è difficile inquadrare l’ordinamento sportivo nelle sue funzioni: in realtà questo accade perché diverse forze spingono per mettere le mani su un progetto che ha in sé diverse attrattive dal punto di vista economico e politico. Per essere certi che il nostro lavoro sia all’insegna dell’inclusività, della partecipazione e della condivisione, è fondamentale che si mantenga un approccio il più indipendente possibile, attraverso un lavoro costante che non si basi esclusivamente sull’assistenzialismo a pioggia da parte dello stato o sugli investimenti interessati dei privati. Dobbiamo essere in grado di diffondere la passione per lo sport, dei suoi principi etici e morali, affinché ciò che riceviamo nasca dalla consapevolezza di stare facendo qualcosa di utile e giusto per l’intera società. Per fare questo, oltre a perseguire i risultati sportivi, dobbiamo attivarci affinché venga riconosciuta la giusta professionalità ai nostri collaboratori e ai nostri tecnici, fornendo garanzie di efficienza e sostenibilità attraverso una progettualità sempre più efficiente e trasparente».
Progettualità che non può non tenere conto delle prossime olimpiadi invernali di Milano-Cortina…
«Vogliamo essere protagonisti in questa avventura. In questo momento è necessario essere consapevoli della necessità di non avere più tempo da perdere. Le difficoltà devono essere da stimolo per fare meglio e fare presto. Il nostro obiettivo è quello di essere un aggregatore di competenze e di diventare promotori di un dialogo allargato. Ci stiamo confrontando con università, tecnici e media per creare un modello che ci possa portare ad affrontare la sfida olimpica ma al tempo stesso guidarci nel percorso che proseguirà ben oltre il 2026, all’insegna di quei valori che abbiamo sottolineato in questa intervista. La strada è tracciata dal motto olimpico: “Più veloci, più in alto, più forti… insieme”».
Per approfondimenti:
www.lombardia.coni.it/lombardia