La strategia De Nora
Abbiamo chiesto a Graziano Marcuccio, direttore delle risorse umane del Gruppo De Nora qual è l’approccio dell’azienda al capitale umano e la loro strategia
De Nora è una multinazionale italiana quotata su Euronext Milan, specializzata in elettrochimica e all’avanguardia nelle tecnologie sostenibili per la green economy, che si distingue proprio per l’approccio flessibile, dinamico e “democratico” nella gestione delle proprie risorse umane.
Il capitale umano oggi è un asset aziendale sempre più strategico.
Partiamo con una breve descrizione dell’azienda: storia e qualche numero.
«La storia di De Nora è facilmente raccontabile attraverso due numeri: 100, ovvero gli anni che compie la società quest’anno, e 1, ovvero l’anno da quando siamo quotati alla Borsa di Milano.
In pratica ci abbiamo messo 99 anni di preparazione per arrivare a diventare un’azienda che gioca ufficialmente con i grandi. In una manciata d’anni siamo passati da un fatturato di circa 100 a quasi 900 milioni di euro, prodotti per il 95 per cento all’estero, su quattro continenti.
Il nostro expertise storica è l’elettrochimica, cui si affiancano anche sistemi per il trattamento e la disinfezione delle acque. Non da ultimo, disponiamo di tecnologie tra le più avanzate e riconosciute per la transizione energetica e, in particolare, per la produzione di idrogeno verde, la vera sfida del presente e soprattutto del futuro.
Un ambito quest’ultimo che ci offre una prospettiva rosea di sviluppo anche per il domani».
Per lo sviluppo tecnologico e sostenibile, le persone sono oggi l’elemento differenziale. Qual è l’approccio di De Nora al capitale umano?
«Abbiamo condensato i nostri valori in quattro parole chiave. Sustainability: siamo un’azienda green nel DNA, le nostre tecnologie sono verdi, non dobbiamo affidarci solo a “stratagemmi” quali la compensazione della CO2 prodotta dalle nostre attività per fare la nostra parte verso la transizione energetica.
La sostenibilità per noi è in primis quella delle energie del nostro personale e delle comunità nella quali lavoriamo. Agilità: oggi tutto è dinamico e non possiamo permetterci il lusso di perderci in chiacchiere, formalismi e frizioni funzionali.
Non possiamo neanche recriminare sugli errori commessi: ovviamente ne facciamo, ma è molto più importante concentrarsi a rimediare e cambiare subito direzione. Questo dinamismo, che ci caratterizza, ci consente di compensare quei possibili gap, numerici e non solo, che abbiamo rispetto a player molto più grandi di noi sul mercato del lavoro.
Collaboration: è il collante che unisce tutta la forza-lavoro. Siamo tutti orientati al gioco di squadra perché sappiamo bene che, se tutti tentassimo di primeggiare, perderemmo tutti, collettivamente e individualmente.
L’ultimo valore è condensato in 3 parole: Make the difference. Per noi è l’elemento chiave che chiarisce la nostra People Strategy. De Nora ha unità produttive per lo più in Paesi demograficamente in contrazione, dove la forza-lavoro è oggettivamente scarsa. Per attrarla, dobbiamo puntare su un potere esclusivo: Qui puoi fare la differenza, nonostante non siamo un brand noto come Ferrari, Google o altri. La leva motivazionale è forte».
Quanto è importante la formazione per valorizzare la propria forza lavoro e favorire e garantire un continuo sviluppo dell’impresa?
«Innanzitutto, è doveroso sottolineare che noi preferiamo parlare di sviluppo continuo perché la formazione è solo uno degli attrezzi, sicuramente il più famoso e tradizionale, per la crescita.
Ciò premesso, il continuous development è fondamentale. Perché un piano di formazione sia valido, al centro deve esserci la persona in sviluppo. La prima domanda da porre è: “Cosa davvero vuoi fare? E cosa sei bravo a fare? Concentriamoci su quello”. Fino a ieri era normale (o forse in tante realtà lo è ancora) che l’azienda decidesse su cosa dovesse formarsi il dipendente.
In De Nora, invece, definiamo e mettiamo in atto un piano di sviluppo co-gestito. Il lavoratore esegue un’autovalutazione delle proprie competenze e una riflessione sulle proprie aspirazioni, cui fa seguito una discussione con il proprio responsabile, la cui finalità è individuare le potenzialità del soggetto e ciò che lo motiva, per lavorare su quello.
Una volta che il progetto è stato definito, noi mettiamo a disposizione tutti gli attrezzi del mestiere, quali mentoring, coaching, mobilità internazionale, job rotation, mini-master».
Il comitato Each for Equal di De Nora quali strategie adotta per garantire diversità, equità e inclusione?
«Sono tematiche per le quali nutro una profonda sensibilità. Per De Nora, presente su quattro continenti, la diversità è un elemento fondante, che pervade la quotidianità: anche se qualcuno lo volesse, qui non abbiamo tempo per assecondare razzismi o discriminazioni di sorta; sono concetti che non rientrano nel nostro DNA.
A testimonianza di come la diversità e la multiculturalità siano valori che ci contraddistinguono da sempre, ricordo che la nostra è stata la prima azienda nella storia economica italiana a fare una joint venture con un’azienda giapponese.
Correva l’anno 1969. Per evitare che l’adesione a tali principi potesse apparire meramente formale, abbiamo pensato a un movimento che parta dal basso, dove chiunque può offrirsi volontario per partecipare ed esprimere un proprio bisogno, una richiesta riguardo a ciò che l’azienda può fare di più e di meglio.
Quello che facciamo noi è accogliere le istanze mettendo a disposizione budget e attenzione, affinché possano essere messe in atto e gestite nella maniera più opportuna ed efficace».
Sempre a proposito di diversità, qual è la soluzione più proficua per accogliere e valorizzare la forza lavoro disabile?
«Anche in questo caso è doveroso fare una premessa. Il contesto è importante perché il tema della disabilità ha una funzione di compliance legale relativamente forte in Italia, ma non così diffusa in altri Paesi.
Se ci spostiamo fuori Europa, ad esempio in America, non c’è alcun obbligo di strutturare un processo per fare in modo che, quelle che noi chiamano categorie protette, arrivino al mondo del lavoro. L’esistenza di un vincolo legale è, dunque, il punto di luce del nostro Paese.
Il punto d’ombra è rappresentato invece dalla possibilità per le aziende, ancora oggi, di essere parzialmente esonerate da tale obbligo, di fatto semplicemente pagando una sanzione di circa 10mila euro all’anno.
Quello che sta facendo De Nora è forzare i processi, per arrivare ad avere in carico il numero di disabili totale previsto dalla legge. A tal riguardo, abbiamo partecipato a un paio di open day rivolti esclusivamente a lavoratori con disabilità.
L’obiettivo è riuscire a costruire una sorta di rosa preselezionata, dalla quale poter attingere non appena avremo in azienda una scopertura in una posizione compatibile con le figure contattate. Questo perché una delle criticità che i responsabili delle risorse umane si trovano frequentemente a dover affrontare sono i tempi lunghi di selezione e non sempre è possibile attendere.
Non si tratta, tuttavia, dell’unica difficoltà riscontrabile: anche i tempi di on boarding difficilmente sono uguali per tutti i disabili, per questo alla base serve una fortissima motivazione e tanta tenacia per procedere nella direzione intrapresa, senza mai perdere la bussola.
In estrema sintesi, resilienza e gioco d’anticipo sono le parole chiave per raggiungere questo delicato e complesso obiettivo aziendale».