Lombardia motore economico d’Italia, scende il clima di fiducia delle imprese
In Lombardia, motore economico d’Italia, il clima di fiducia delle imprese non è dei migliori considerando le previsioni al ribasso del PIL: dal +4% atteso a inizio anno al +2,6% secondo lo scenario aggiornato (di fonte Prometeia)
Oggi il tessuto imprenditoriale italiano si trova, ancora reduce dalla pandemia, a dover affrontare il conflitto tra Russia e Ucraina che sta producendo delle gravi conseguenze economiche per l’Europa e molto di più per l’Italia, a causa dei rincari energetici e delle materie prime. A tutto questo si aggiungono l’inflazione e la difficoltà a riorganizzarsi delle catene globali del valore: dalle interruzioni logistiche alla carenza di attrezzature e manodopera sono numerose le criticità, sia nella domanda che nell’offerta, lungo la catena di approvvigionamento delle forniture.
Eppure secondo i dati di Confindustria e Unioncamere, nel secondo trimestre 2022 in Lombardia la produzione industriale è stata +1,6% e l’artigianato +2,3%.
“In Lombardia, pur tra le risapute difficoltà – spiega Francesco Buzzella, presidente di Confindustria Lombardia – la produzione continua la sua crescita testimoniando la forza del sistema industriale regionale e la sua flessibilità e capacità di adattarsi rapidamente al contesto e agli shock, anche se il dato di crescita congiunturale della produzione è comunque il più debole degli ultimi sei trimestri e gli indici di fiducia Pmi in discesa, sono preambolo di un forte rallentamento dell’economia lombarda nell’immediato futuro. L’incremento del fatturato riflette l’aumento dei prezzi a valle ma è anche frutto della capacità delle nostre imprese di evadere gli ordini facendo fronte all’aumento della domanda registrato nei trimestri precedenti, nonostante le difficoltà congiunturali come il nodo dei prezzi e le complessità di approvvigionamento”.
Presidente Buzzella, quali sono le prime azioni che consiglierebbe al nuovo governo per favorire la ripresa?
Qualsiasi ipotesi di ripresa non potrà che passare da una azione forte e risolutiva sul tema dell’energia: dopo mesi e decine di miliardi buttati in attesa dell’Europa, l’auspicio è che vengano implementate quelle soluzioni alla crisi del caro energia che le imprese chiedono. Se non si metterà subito una rete di sicurezza, a pagare sarà l’intera società italiana con conseguenze anche sulla sicurezza nazionale. Agire sui costi dell’energia in maniera strutturale significherebbe anche affiancare le imprese nel fronteggiare la concorrenza sleale che il nostro sistema industriale sta subendo da oltre un anno: le imprese cinesi, americane e quelle di alcuni partner europei pagano costi energetici simili a quelli che avevamo nel 2020 e a inizio 2021.
Quanto è importante l’abbattimento del cuneo fiscale?
Mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori è fondamentale in questa fase di contrazione dei consumi causata dall’inflazione. Per aumentare il potere d’acquisto dei salari e diminuire il costo del lavoro, Confindustria da mesi propone di ridurre il cuneo fiscale nella sua componente contributiva, per due terzi a vantaggio dei lavoratori e un terzo a vantaggio delle aziende. Il tutto considerando princìpi ed equilibri generali del sistema fiscale. Nei precedenti governi era evidente la mancanza di volontà politica, ma oggi ci sono tutti i presupposti per questo decisivo passo verso la riduzione delle tasse. C’è poi il rilevante fenomeno dei working poor che va affrontato contrastando il dumping contrattuale ed estendendo l’efficacia soggettiva dei contratti collettivi “di riferimento”, al fine di garantire insieme il rispetto dei diritti dei lavoratori e adeguati livelli retributivi. A tal fine, non serve un salario che fissi per legge il trattamento economico, i contratti collettivi fissano già dei minimi che sono ampiamente sopra i livelli indicati nelle proposte di legge del salario minimo. La strada per noi è quindi l’estensione dei contratti collettivi a quanti più settori possibile.
Come vede il continuo e straordinario sviluppo delle nuove tecnologie informatiche di fronte al relativo calo dell’occupazione e quali misure possono essere adottate per ridurne l’impatto?
Questo dilemma credo si sia ripresentato nel corso della storia in occasione di ogni salto tecnologico-innovativo di grande portata, e durante tutte le rivoluzioni industriali. Superato lo scetticismo, adeguate le competenze alla nuova tecnologia, il fattore umano è sempre rimasto al centro dei grandi cambiamenti e spesso, come sta avvenendo ad esempio con l’Intelligenza artificiale, è fondamentale per gestirne i processi.
Per approfondimenti: Confindustria Lombardia