• 10/12/2024

Manageritalia- Punto di riferimento per essere un leader consapevole

 Manageritalia- Punto di riferimento per essere un leader consapevole

Paolo Scarpa

Manageritalia è l’organizzazione che rappresenta i manager del terziario e oggi conta oltre 40mila associati a livello nazionale, di cui quasi 22mila in Lombardia. Gestisce il contratto dirigenti terziario (28mila dirigenti e 9mila aziende) e offre, con le sue associazioni territoriali e online, un ampio sistema di servizi a livello professionale, di welfare e per la famiglia a dirigenti, quadri ed executive professional associati, oltre a momenti di incontro, networking e collaborazione e valorizzazione verso le comunità locali e nazionali

In un mondo in profonda trasformazione, la qualità del management ha un ruolo fondamentale nel plasmare i risultati di un’azienda. I manager si trovano ad operare in un contesto caratterizzato da incertezza e rischio, dove è indispensabile possedere quelle competenze che permettano alle aziende di essere competitive. “La nostra associazione affianca i manager nelle sfide professionali sempre più pressanti – afferma Paolo Scarpa, presidente di Manageritalia Lombardia – attraverso servizi per lo sviluppo professionale, la formazione, le consulenze a livello professionale e personale, la collaborazione con i territori per supportare startup, Pmi e organizzazioni del terzo settore e orientare i giovani attraverso consolidate collaborazioni con scuole e università.

Come interviene Manageritalia di fronte agli importanti cambiamenti nel mondo del lavoro professionale e autonomo?

In tanti modi. A livello contrattuale, nel giugno 2021 abbiamo fatto un accordo che prevede l’opportunità per le imprese di utilizzare il welfare aziendale per aumentare il benessere di dirigenti e familiari anche attraverso l’apposita piattaforma Welfare Dirigenti Terziario dove destinare il credito a prestazioni dei fondi contrattuali e agli altri normali servizi di welfare. Successivamente abbiamo messo al centro di varie attività temi come trasformazione digitale e organizzazione del lavoro, compreso un vero smartworking. Con il servizio denominato WorldWideManager diamo risposte e supportiamo l’internazionalizzazione dei manager che espatriano, spesso anche con la famiglia. Abbiamo anche lanciato un servizio per gestire il benessere psicologico dei manager attraverso medici specialisti. Questo a favore di dipendenti e autonomi, nel nostro caso gli executive professional, per i quali abbiamo ampliato le soluzioni e servizi di welfare che offriamo a chi si associa comprendendoli nella quota o con un ottimo rapporto qualità prezzo.

Vede nella graduale scomparsa della gerarchia, soprattutto nelle aziende più grandi, una perdita di autorevolezza per i manager?

Non direi. Partiamo dall’assunto che in Italia, viste le tante Pmi gestite solo dall’imprenditore e dai suoi familiari, abbiamo un problema inverso e cioè di scarsa managerializzazione di buona parte del tessuto economico. Certo, nelle aziende più grandi, soprattutto nelle multinazionali, da anni assistiamo ad un appiattimento dell’organizzazione. Di fatto, il vero e dovuto cambiamento, è quello che vede il manager non più con un ruolo di controllo, ma piuttosto di gestione dello sviluppo e della motivazione di persone facendole collaborare al meglio verso gli obiettivi comuni e condivisi dell’azienda. La base per dare corpo all’obiettivo primario di portare aziende e persone ad innovare a tutti i livelli, anche nei modelli di business e organizzativi, creando le premesse perché l’azienda sia veramente sostenibile a livello economico, sociale e ambientale. Direi che di manager abbiamo ancora bisogno, eccome.

La ridotta automaticità dei trattamenti economici, sempre più legata a incentivazioni sulla base del risultato, come e quanto ha influenzato il ruolo del manager all’interno dell’azienda?

Salvo i pochi grandi top manager, presenti più all’estero che in Italia, la parte di retribuzione non fissa, ma variabile e legata ai risultati della generalità dei dirigenti, è un sistema sano per premiare il merito. Tant’è che la retribuzione variabile è da anni parte anche della remunerazione dei quadri e di tutti gli altri collaboratori dipendenti. Certo, per i manager e per tutti deve essere collegata a obiettivi sfidanti ma raggiungibili, almeno in parte, e rispettosi di tutti gli stakeholder. Anche la sostenibilità, sempre più spesso messa tra i parametri e obiettivi di riferimento, può dare garanzie in tal senso. Di certo ci vuole un sistema premiante oggettivo e sano, cioè rispettoso della responsabilità anche sociale che un’azienda deve avere verso chi sta all’interno, ma anche all’esterno. Da questo punto di vista il ruolo dei manager esce oggi ancora più necessario e rafforzato.

Come vengono considerati, da Manageritalia, i troppo frequenti cambi al vertice di molte aziende?

Dipende, bisogna valutare di caso in caso. Cambiare, per l’azienda e per il manager, è a volte necessario. Anzi, è addirittura doveroso per l’azienda che cerca quelle nuove competenze ed esperienze oggi sono sempre più indispensabili: e lo è anche per il manager, per intraprendere nuove sfide e percorsi professionali. Poi a volte vengono meno sintonia e condivisione di obiettivi e strategie, allora è meglio lasciarsi. Ma questa è la parte buona di questi cambi nelle squadre manageriali. Molto più spesso si cambia il manager perché lo si vorrebbe più fedele che competente, perché questo esercita appieno il suo ruolo che è anche quello di garantire che l’azienda agisca sempre in modo “sostenibile” verso dipendenti, fornitori, azionisti e tutto l’intorno economico e sociale nel quale si trova ad operare. In alcuni casi, anche i manager sbagliano ed è bene cambiarli. Ma a prevalere nettamente sono i casi dove si cambia il manager per cause non legate alle sue responsabilità, competenze o al merito, ma proprio perché sta esercitando appieno il suo ruolo, e questo dà fastidio.

Per approfondimenti: Manageritalia

Paola Idilla Carella

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