Nanomateriali, un progetto ne valuta la sicurezza

L’Istituto Mario Negri guida un progetto per la sicurezza dei nanomateriali. Abbiamo intervistato Luisa Diomede, coordinatrice del progetto Potential
I nanomateriali rappresentano, oggi, una delle frontiere più innovative e promettenti della produzione industriale: grazie alle loro caratteristiche chimico-fisiche, questi materiali sono estremamente competitivi in diversi settori quali l’elettronica, l’energia, la biomedicina e l’industria alimentare.
Tuttavia, la loro flessibilità e la capacità di interazione con molti substrati generano interrogativi sul loro possibile impatto sulla salute umana, animale e sull’ambiente che ci circonda. L’Istituto di Ricerche Farmacologiche IRCCS Mario Negri, in collaborazione con dieci gruppi europei e uno cinese, sta conducendo un progetto quadriennale finanziato dall’Unione Europea per sviluppare una piattaforma innovativa volta a valutare la sicurezza dei nanomateriali.
Il progetto, chiamato Potential – Platform Optimisation To Enable NanomaTerIAL safety assessment for rapid commercialisation, mira a fornire strumenti avanzati per la misurazione e la validazione di una vasta gamma di nanomateriali prima della produzione su larga scala, contribuendo così a colmare le lacune attuali nella caratterizzazione di tali sostanze.
Abbiamo intervistato in merito la professoressa Luisa Diomede, responsabile del laboratorio di Patologia Umana in Organismi Modello del Mario Negri, che coordina il progetto insieme a Paolo Bigini, capo del laboratorio di Nanobiologia.
Ma cosa sono, nello specifico, i nanomateriali? Si tratta di elementi ingegnerizzati su scala molto ridotta (fino a 10mila volte più piccola del diametro di un capello umano) e costituiti da nanoparticelle alla base delle nanotecnologie, che vengono già utilizzati in una vasta gamma di prodotti, dalle batterie alla vernice, all’abbigliamento antibatterico alle attrezzature mediche.
Tuttavia, nonostante le potenziali applicazioni, la loro interazione con l’ambiente e la salute umana e animale solleva preoccupazioni e richiede un’approfondita valutazione del rischio. La piattaforma Potential si propone di superare le difficoltà attuali nella caratterizzazione dei nanomateriali, fornendo un approccio standardizzato per la valutazione della sicurezza.
Il progetto si focalizza su protocolli avanzati, la riduzione dei costi legati alla conformità normativa e l’accelerazione dei tempi di commercializzazione, promuovendo allo stesso tempo una maggiore comprensione delle interazioni dei nanomateriali con l’ambiente.
«I nanomateriali – spiega Luisa Diomede – oggi non necessitano di una ulteriore classificazione: quello che noi proponiamo è lo sviluppo di una piattaforma che possa validare dei metodi per stabilire la potenziale tossicità per l’uomo, per gli animali, ma anche per l’ambiente dei nanomateriali esistenti e di quelli che saranno sviluppati in futuro.
È importante che questi metodi possano essere condivisi e validati dalla comunità scientifica. Oggi, soprattutto all’interno delle aziende che sviluppano nanomateriali, non esistono metodi standardizzati per stabilirne il potenziale rischio. Potential fornisce nuovi metodi, con costi relativamente contenuti, che utilizzano metodi di imaging innovativi per valutare le caratteristiche e la potenziale tossicità.
L’idea è quella di arrivare a fornire dei metodi che possano essere trasferiti con facilità agli utilizzatori: aziende e piccole medie imprese». Il progetto Potential è finanziato dall’Unione Europea, all’interno di un bando sulla sostenibilità digitale, Horizon Europe, Digital Emerging. Lo sviluppo della piattaforma, avviato il primo gennaio 2023 e di durata quadriennale, è coordinato dall’Istituto Mario Negri e coinvolge altri 11 partner europei e internazionali:
«Tra questi – prosegue Diomede – troviamo SME deputate alla sintesi dei nanomateriali, come la spagnola Graphenea che produce grafene o la tedesca MyBiotech che sviluppa nanoparticelle di tipo lipidico polimerico con applicazione riservata all’ambito farmacologico, insieme a una SME italiana, Innova, che si occupa di disseminazione e comunicazione del progetto e ci affianca nel management.
Sono poi presenti istituti di ricerca come il Royal College Of Surgeons of Ireland, il Centro de Investigación Cooperativa en Biomateriales, Luxemburg Institute of Science and Technology. Fuori dall’Europa collaboriamo con un partner cinese, la Zejiang University, che ci aiuterà sugli studi ecologici».
L’introduzione di standard per i nanomateriali avanzati e la facilità nel condividere i risultati tra diverse categorie avranno impatti positivi su diversi fronti. A livello economico, ridurranno i costi legati alla conformità normativa e accelereranno i tempi di commercializzazione. Dal punto di vista ambientale, miglioreranno la comprensione delle interazioni con l’ambiente, contribuendo a una regolamentazione più efficace e a un aumento della sicurezza.
Dal punto di vista sociale, l’uso di strumenti avanzati consentirà una maggiore disponibilità di nanotecnologie sicure fin dalla progettazione, promuovendo il miglioramento della qualità della vita. Infine, dal punto di vista della salute, nuove linee guida favoriranno la traduzione clinica della nanomedicina, agevolando aspetti come il trasporto, il targeting e il rilascio graduale dei farmaci.
«L’aspetto innovativo del progetto – conclude Diomede – è proprio lo sviluppo di un approccio standardizzato per la rilevazione, quantificazione e caratterizzazione dei nanomateriali e per lo studio delle loro interazioni con le matrici biologiche. Tutto questo viene fatto senza l’utilizzo di animali da laboratorio, perché il metodo deve essere facilmente trasferibile alle aziende.
Gli studi vengono condotti su modelli cellulari, anche tridimensionali, usando un organismo cellulare invertebrato. Un altro elemento fortemente innovativo è l’idea di sviluppare un modello computazionale che possa prevedere, quando si disegna un nuovo nanomateriale, un possibile comportamento tossico e, quindi, possa aiutare a decidere se vale la pena continuare nel suo sviluppo».

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