Non chiamateci supereroi, siamo atleti
Come suggerisce il suo nome, quella di Briantea 84 è una storia che parte a Cantù, in provincia di Como, nel 1984, quando il presidente, Alfredo Marson, decide di dare una nuova forma a ciò che aveva visto qualche mese prima: alcuni ragazzi in carrozzina che praticavano basket in un oratorio di paese. Da lì, col passare degli anni e a suon di trofei, la società si è sviluppata, attivando altre quattro aree sportive ovvero nuoto (atleti con disabilità fisica e intellettivo-relazionale), calcio, pallacanestro e atletica (atleti con disabilità intellettivo-relazionale), con oltre 180 sportivi a partire dagli otto anni. La vicepresidente Elena Colombo: «col basket in carrozzina siamo una realtà vincente da molti anni. Serve abbattere barriere e stereotipi verso i disabili»
«Fin dalla nostra nascita – spiega la vicepresidente, Elena Colombo che è in Briantea del 1989 – l’obiettivo è stato quello di promuovere lo sport tra i giovani, creare opportunità e sconfiggere i pregiudizi, presentandoci per quello per che siamo, ovvero una società sportiva che fa sport. Serve abbattere barriere e stereotipi verso i disabili». Anche qui insomma, vittorie e sconfitte pesano come in qualsiasi altro sport e gli atleti sono tali a 360 gradi. Un messaggio arrivato forte e chiaro ai ragazzi della pallacanestro in carrozzina, fiore all’occhiello della società, campione d’Italia nel 2021, nonché fresca vincitrice della Coppa Italia 2022 alla fine del mese di aprile, capace di attirare, prima delle restrizioni dovute al Covid, 1.400 spettatori nella sua casa, il PalaMeda. «Siamo ormai una realtà vincente da diversi anni (otto fin qui gli scudetti totali, ndr). Questi trionfi sono anche un modo per farci conoscere in giro per tutta Italia e in Europa dove, nell’ultima Champions Cup disputata in Germania, siamo arrivati sesti».
I canturini inoltre sono l’unica società sportiva a partecipare con una formazione mista (composta da atleti con e senza disabilità) ai Campionati Csi Open Csi calcio e pallacanestro, competizioni per atleti normodotati e quindi non rette da un regolamento adattato. «Parliamo ad esempio di persone con disabilità come l’autismo o la sindrome di down, – continua Colombo, che è anche responsabile del settore Pallacanestro disabili intellettivo-relazionali, oltre che dell’atletica –. Il nostro è un progetto di inclusione totale. I ragazzi disabili si sentono parte di una squadra “vera”, dallo spogliatoio al campo, passando per ogni allenamento». Un altro importante passo nella promozione di uno sport che abbia come unico parametro non la disabilità ma le capacità di ogni singolo giocatore.
Parallelamente all’attività sportiva ordinaria, sono nati anche diversi progetti culturali in collaborazione con scuole, società sportive, oratori ed enti di promozione, per la valorizzazione e la conoscenza dello sport paralimpico tra i giovani. Sono più di 12mila bambini e ragazzi incontrati nell’ambito del progetto “Be Inspired”, un’opera di sensibilizzazione per portare sempre più in alto la cultura paralimpica. «Per prima cosa, incontrando i giovani nelle scuole, vogliamo sconfiggere tristezza e sensazionalismo, spesso legati allo sport paralimpico. Credere che chi, pur con una disabilità pratica sport, sia superman è sbagliato, così come lo è l’etichetta di “persone sfortunate”. I ragazzi sono semplicemente atleti, a loro non viene chiesto di meno rispetto agli altri colleghi», puntualizza Simone Rabuffetti, responsabile ufficio stampa e social media di Briantea 84. A fare da testimonial sono i dodici ragazzi del basket in carrozzina, che si alternano negli incontri, raccontando la loro esperienza. Il progetto è arricchito dalla collaborazione con “Io Tifo Positivo” (promosso da Comunità Nuova e Fondazione Candido Cannavò), Centro Sportivo Italiano – Comitato di Milano (Csi) e Fondazione Oratori Milanesi (Fom), che ha lo scopo di spiegare ai giovani i valori del tifo per una squadra.
Dal 2015 c’è poi il Candido Junior Camp, che vede in prima fila anche la Federazione Italiana di Pallacanestro in Carrozzina, oltre alla Fondazione Candido Cannavò, per avvicinare giovani dagli otto ai ventidue anni al basket in carrozzina, in aree d’Italia dove è meno conosciuto. «Si tratta di una full immersion nello sport di quattro giorni. Vogliamo far capire ai ragazzi per prima cosa che possono fare sport e poi, che chi ha talento può ambire a raggiungere degli obiettivi, arrivando ad alti livelli. C’è chi è partito da questa realtà, poi è arrivato a debuttare in nazionale». Il sogno azzurro del resto è tale per ogni atleta.
Per approfondimenti:
www.briantea84.it