• 26/01/2025

Opportunità all’estero

 Opportunità all’estero

Di rimpatri ed espatri dei giovani laureati e delle opportunità all’estero abbiamo parlato con Leonardo Ricci, Class leader del programma Full-Time MBA alla SDA Bocconi School of Management

Come si approcciano al capitale umano i giovani manager di domani?

«Quando si parla di capitale umano e in particolare della sua valorizzazione, spesso si ha a che fare con un grande potenziale inespresso o per meglio dire latente. Da anni il nostro Paese assiste a una costante emigrazione di studenti brillanti e giovani professionisti che per crescere devono andare fuori dei confini nazionali.

Nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre 1 milione di residenti, di cui circa un quarto laureati. In genere si “esce” per “rientrare”, ma la differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati è costantemente negativa e restituisce una perdita complessiva per l’intero periodo di oltre 79mila giovani, come si legge nel rapporto Istat del 2023.

Salvo alcune nicchie di mercato in cui il made in Italy ancora è in grado di difendersi, l’Italia rimane il fanalino di coda tra i paesi OCSE in termini di attrattività di immigrazione qualificata dall’estero che, a differenza nostra, hanno fatto propri concetti chiave come la competitività globale, l’integrazione, la ricerca scientifica e l’innovazione».

Può parlarci della sua esperienza?

«Come molti altri giovani, ho sentito di dover andare all’estero in contesti multiculturali per esplorare realtà internazionali, per ritornare successivamente in Italia con un bagaglio che potesse fare la differenza. All’estero ho potuto toccare con mano quanto fosse diverso il concetto di sviluppo del capitale umano.

Dopo la laurea in Economia all’Università degli Studi di Milano sono volato a Londra per un master specialistico che mi ha aperto le porte del mercato lavorativo e a 27 anni ho avuto l’opportunità di trasferirmi all’estero, in Olanda, selezionato per un lavoro in linea con i miei studi e le mie aspettative, anche economiche.

Ho trovato un contesto lavorativo sfidante e basato su una struttura organizzativa orizzontale in un ambiente internazionale e multiculturale che mi ha permesso da subito una crescita umana e professionale che i miei coetanei rimasti in Italia non riuscivano ad avere. La pandemia ha accelerato il rientro in patria e da subito è stato chiaro che il passaggio non sarebbe stato così semplice.

Purtroppo, la realtà che mi attendeva era complicata dal punto di vista burocratico e molto deludente sul mercato, dettata da logiche clientelari che continuano a mettere in secondo piano la meritocrazia, oltre a uno scenario impreparato ad accogliere individui con un background internazionale e una seniority lavorativa basata sull’esperienza piuttosto che sull’età anagrafica.

Come se non bastasse, le poche e inefficienti politiche di incentivazione per il rientro dei cervelli non favoriscono il percorso e vieni catapultato in una realtà non certamente equiparabile alle altre piazze europee o internazionali che restano davvero attrattive.

Il palcoscenico internazionale resta predominante sul piano nazionale se non si affrontano seriamente temi come la valorizzazione della diversità, dell’internazionalizzazione assieme alla semplificazione della pubblica amministrazione con azioni reali».

LOMBARDIA ECONOMY - Opportunità all’estero
Leonardo Ricci

Quale scenario al rientro in Italia?

«Rientrare è uno shock. Non tanto perché ci sia o meno il lavoro, ma per l’approccio delle aziende nei confronti di giovani con esperienze già così impattanti e la relativa retribuzione. Io, ma non sono il solo, mi sono trovato a discutere con varie aziende italiane di come alcune loro pratiche scoraggino risorse giovani e intraprendenti e di come di fatto le respingano.

La mancanza di valorizzazione delle risorse, sia in termini economici che di progetti, legata a una scarsa comprensione delle potenzialità di un contesto lavorativo ricco di elementi di diversity e sviluppo, rappresenta un ostacolo ai nuovi ingressi senza comprendere il danno che le aziende fanno a loro stesse, rinunciando in partenza a un possibile miglioramento delle loro performance con nuove leve.

Nonostante la competizione non sia più basata solamente a livello locale e si estenda su scala internazionale, l’importanza della diversità sembra spesso trascurata nell’ambiente lavorativo italiano. La diversità, intesa non solo in termini di genere o etnia ma di background professionale e esperienze internazionali, è invece un fattore chiave per garantire il successo aziendale in un mondo sempre più globale.

La mancanza di diversità ostacola la crescita e la competitività di un’azienda. Un’azienda che non è in grado di attrarre talenti è destinata a perdere competitività e, quindi, rilevanza economica».

Alcuni esempi?

«Nella maggior parte dei paesi europei o extraeuropei le aziende leader nei loro settori riconoscono il valore di una formazione specialistica e aprono programmi di reclutamento dedicati ad assumere i miglior candidati disponibili sul mercato, anche per post MBA.

L’ambiente lavorativo italiano è, invece, in gran parte ancorato a pratiche tradizionali e mostra spesso una riluttanza verso questi percorsi. Non solo le esperienze all’estero non vengono valorizzate, ma spesso sono ignorate. Questo non può che alimentare il fenomeno della fuga dei cervelli verso altri paesi che offrono migliori opportunità.

Basta soffermarsi su alcuni dati riguardanti le retribuzioni medie europee dei neolaureati e impiegati. Un neolaureato italiano inserito nel mondo del lavoro guadagna in media poco più di 28mila euro annui lordi, mentre un collega inglese ne intasca 32mila o un francese ne guadagna 35mila.

Per non parlare degli stipendi d’oro dei tedeschi (50mila) e degli svizzeri (79mila) (fonte Studio Mercer, Corriere della Sera Economia del 3 giugno 2021 ndr). Se non siamo in grado di tenere o attrarre talenti italiani, né tantomeno internazionali come può il nostro Paese essere una piazza attrattiva e competitiva per la nuova classe dirigente del futuro?».

LOMBARDIA ECONOMY - Opportunità all’estero

Quale la soluzione?

«Spesso per cercare di colmare il divario tra aspettative e realtà o si torna indietro e giocoforza ci si piega a vecchie e obsolete logiche che vanno a sminuire la persona e la retribuzione, o si cerca di rientrare in un percorso formativo che metta in relazione formazione e aziende con la speranza che questo faccia fare il salto di qualità. Cosa che rischia di riportarti fuori.

Accedere a un MBA in SDA Bocconi, come ho fatto io, non è da tutti, ma la decisione di perseguire un MBA o altri percorsi similari e con lo stesso obiettivo nasce dalla consapevolezza che investire in sé stessi è il passo fondamentale per ambire a un futuro migliore che altrimenti ti vedi precluso. Il capitale umano è una risorsa preziosa e per valorizzarla appieno l’Italia deve affrontare la questione della diversità, abbracciare il multiculturalismo e riconoscere il valore dell’esperienza internazionale.

Un’esperienza all’estero non dovrebbe essere vista come una sottrazione al tessuto economico nazionale bensì come un investimento nel futuro della propria carriera e del proprio Paese. L’interazione con culture, contesti e persone diverse è l’essenza stessa della competitività nell’era moderna. Solo allora potremo assistere a una crescita economica sostenibile e al benessere per tutti i cittadini».

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Letizia Pini

Giornalista

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