Organizzare il lavoro in modalità “smart”

Da vent’anni Gi Group promuove ricerca, selezione e (ri)collocazione. E dice alle aziende: «Impiego da remoto sia strategia di talent attraction»
Dopo un 2020 condizionato dalla pandemia, il 2021 si chiude con segnali incoraggianti per il mercato del lavoro. Tra smart working e lavoro in presenza, aziende e lavoratori sembrano preferire una forma ibrida, con un bilanciamento settimanale che possa far coesistere entrambe le possibilità. Ne abbiamo parlato con Marianna Marrazzo, regional delivery coordinator di Gi Group, multinazionale italiana che offre servizi nell’ambito del lavoro temporaneo, permanent staffing, ricerca e selezione, executive search, formazione, supporto alla ricollocazione, amministrazione Hr e outsourcing.

Dottoressa Marrazzo, quali sono i settori dove si registra una ripresa?
«Rispetto al 2020 tutti i settori lo sono e così anche la domanda di personale. L’incremento è in doppia cifra, con picchi superiori al 60%. Ict, E-commerce, logistica, grande distribuzione e sanità sono oggi le industry in maggior espansione e che necessitano, quindi, di nuove risorse. Ma la crescita era già in atto e la crisi pandemica non ha fatto altro che accentuarla. Oggi, con la ripresa del mercato, crescono anche i settori che sono stati più penalizzati come Horeca e Fashion&Luxury. Vorrei però sottolineare il grande potenziale offerto dal manifatturiero, che continua a essere trainante per il nostro Paese. Non solo industria 4.0, ma anche le professioni che contribuiscono al ciclo di progettazione, produzione e manutenzione dei prodotti industriali. Ottimi, infatti, i risultati del comparto siderurgico, gomma-plastica e carta, oltre alla logistica».
La pandemia ha portato a una maggiore apertura delle aziende nella ricerca di dipendenti che lavorino in modalità smart working?
«Difficile dirlo. Sicuramente su alcune tipologie di business e alcune figure professionali questo ha influito in modo significativo: data la contingenza, necessariamente le aziende si sono trovate a sperimentare la modalità da remoto per poi scegliere di adottarla anche nella politica aziendale al fine di efficientare il lavoro e migliorare il work life balance dei dipendenti. Al contempo stiamo notando come ci sia una volontà da parte di aziende, e in alcuni casi anche di alcune categorie lavorative, di tornare in presenza, vivere una socialità e un’interazione che è mancata per troppo tempo. Ipotizziamo quindi che le forme ibride la faranno da padrone sul medio termine».
Da parte di chi cerca lavoro avete notato una maggiore propensione verso le aziende che aprono a questa opportunità?
«Registriamo un aumento significativo dell’interesse verso politiche aziendali orientate alle modalità di lavoro da remoto. Aspetto, questo, che le aziende devono considerare come strategia di talent attraction. Ad attrarre i candidati, soprattutto quelli specializzati e più giovani, non sono tanto le retribuzioni elevate, quanto altri fattori considerati rilevanti nel post-pandemia: benefit e work-life balance, possibilità di organizzare il lavoro in modalità “smart”, gestendo con flessibilità agenda e luogo da cui si lavora».
Cresce anche la richiesta di una formazione più specialistica?
«Le sfide del mercato globale richiedono sempre più un alto livello di competitività delle aziende, affrontabili da un lato tramite la qualità e l’innovazione dei prodotti, dall’altro dal valore e dalle competenze del capitale umano. Inoltre, il numero dei diplomati, soprattutto tecnici, risulta essere inferiore rispetto al fabbisogno delle imprese. In questo scenario la formazione, da intendersi sia qualificazione sia riqualificazione, avrà un peso fondamentale sulle strategie Hr e di business delle aziende. Un’importanza sempre più rilevante viene quindi assunta dai corsi Its e Ifts, che rappresentano la risposta che il sistema Paese ha sviluppato rispetto alla necessità di formare profili tecnici altamente specializzati, fornendo loro le hard skills essenziali per le aziende e prevedendo un’alta quota di stage e tirocinio. L’83% degli studenti degli Its trova lavoro entro un anno, con occupazioni al 92% pertinenti agli studi. Ed è una formazione in linea anche con le competenze su cui il governo intende rilanciare il Paese, inserendosi perfettamente nella direzione di dialogo tra scuola e impresa, contribuendo a colmare lo skill mismatch in risposta alle reali esigenze delle aziende e migliorando l’occupabilità dei giovani nel lungo periodo».
Spesso si sente parlare di lavoro sostenibile. Quali azioni state mettendo in campo per andare in questa direzione?
«Il nostro gruppo, 23 anni fa, è nato con l’obiettivo di contribuire a rendere il mercato del lavoro migliore e aumentare la soddisfazione di persone e aziende. Questo scopo si è consolidato nel tempo e si è allargato nell’offerta di servizi. Quest’anno siamo diventati società benefit, prima Apl in Italia, un segnale che il percorso che abbiamo intrapreso è quello giusto e che l’impatto del nostro impegno per il lavoro sostenibile assume sempre più rilevanza. In questo contesto, Gi Group ha anche dato vita a due progetti: Academy100%Employability, il percorso che promuove l’occupabilità garantendo l’inserimento dei candidati in azienda attraverso corsi gratuiti di upskilling e reskilling, e Women4, la formazione rivolta alle donne per promuovere la loro employability in settori tipicamente considerati appannaggio maschile, come logistica o mechanics 4.0».