Sandbox di Forest Valley Institute
Qual è il legame fra innovazione climatica e start up? Il Sandbox di Forest Valley Institute: il primo programma di accelerazione italiano dedicato alle start up climate-tech europee. Vediamolo insieme a Giulia Marsaglia, co-fondatrice di Forest Valley Institute e responsabile del Sandbox Program
Il cambiamento climatico richiede soluzioni innovative, e le start up climate tech stanno giocando un ruolo centrale nello sviluppo di tecnologie per ridurre le emissioni e migliorare l’efficienza energetica. Tuttavia, queste start up affrontano sfide come la validazione tecnologica, il fundraising e la scalabilità.
Il Sandbox Program del Forest Valley Institute, avviato nel 2022, mira a sostenere le start up europee early stage con mentorship, accesso a investitori globali e un ecosistema di supporto per accelerare il loro sviluppo nel settore del climate tech. Giulia Marsaglia, co-fondatrice dell’istituto, spiega come il programma aiuti a superare questi ostacoli.
Giulia, raccontaci qualcosa del tuo percorso professionale: quali esperienze ti hanno portata a co-fondare Forest Valley Institute e a guidare il programma di accelerazione Sandbox?
«La mia formazione è iniziata con una laurea in Design industriale presso il Politecnico di Torino, seguita da un master in Design Strategy alla Delft University of Technology. Ho iniziato sviluppando prodotti industriali e digitali, ma con il tempo mi sono sempre più appassionata alla progettazione di servizi e alla business model innovation.
Da qui, la mia carriera è stata guidata dalla passione per l’innovazione e dalla curiosità per le nuove tecnologie e il loro potenziale nel migliorare il benessere umano.
Prima di co-fondare Forest Valley, ho lavorato in una consulenza svizzera, dove ho avuto modo di approfondire l’innovazione dei modelli di business e acquisire una visione concreta di come le grandi aziende possono integrare la sostenibilità nel loro Dna e nelle loro strategie, comprendendone processi e difficoltà.
Quando, grazie a un contatto in comune, ho incontrato Paolo Meola (ndr. Ceo e co-fondatore di Forest Valley), ho subito capito che questo progetto era la mia strada. Ab biamo fondato Forest Valley insieme a un gruppo di professionisti italiani esperti in sostenibilità ambientale e innovazione.
Successivamente, ho iniziato a disegnare il programma di accelerazione con Paolo, le cui competenze di mentorship e fondazione di start up erano decisamente complementari alle mie di progettazione di servizi user-centered design. Così è nato il Sandbox Program, la cui prima edizione è partita nell’aprile 2022, e da allora abbiamo accelerato 72 start up. Ora siamo pronti a lanciare la decima edizione, a ottobre».
Quali sono le sfide più grandi che le start up climate tech incontrano lungo il loro percorso? E in che modo il Programma Sandbox di Forest Valley le aiuta a superare queste difficoltà?
«Le start up climate affrontano sfide che vanno oltre quelle tipiche di ogni start up, soprattutto in fase early stage. Il settore è ancora nuovo e in rapida evoluzione, quindi non solo devono validare le loro tecnologie, ma anche destreggiarsi tra normative complesse e trovare aziende e investitori pronti a scommettere su soluzioni sostenibili.
Un altro ostacolo è il tempo necessario per sviluppare e validare le tecnologie: spesso servono più risorse per validare soluzioni hardware che richiedono diverse fasi di test e piloti prima di essere disponibili su scala industriale, e questo può creare tensioni con investitori che vogliono vedere risultati rapidi.
Inoltre, molti founders sono persone con background molto tecnici e hanno difficoltà a comunicare chiaramente l’impatto sul business e sulla sostenibilità ambientale: tradurre i benefici delle loro soluzioni in termini comprensibili per partner e finanziatori è un’arte che cerchiamo di aiutarli a padroneggiare.
In più, devono costruire partnership con grandi aziende, che non sempre sono pronte a cambiare i loro modelli operativi, e spesso devono anche educare il mercato, spiegando perché la loro soluzione è importante e come risolve un problema cruciale.
Il Programma Sandbox di Forest Valley è pensato proprio per aiutarle a superare questi ostacoli, fornendo supporto specifico per la comunicazione dell’impatto in filiere diverse, la creazione di relazioni e l’accesso a investitori disposti a investire nel climate tech».
Cosa spinge davvero una start up a partecipare al vostro programma? Quali sono i principali vantaggi che trovano nell’entrare a far parte del Sandbox?
«Penso che una prima motivazione per cui le start up scelgono di partecipare al Sandbox sia il fatto che è un programma equity-free. Le start up, infatti, partecipano gratuitamente e ci riconoscono una fee solo quando ottengono investimenti o chiudono accordi commerciali grazie alle nostre introduzioni. Questo approccio basato sul success fee è particolarmente attraente per start up early stage che desiderano evitare di cedere parte del loro capitale.
Essere focalizzati esclusivamente sul climate tech è un altro elemento chiave: I nostri mentor e partner conoscono bene il settore da diversi punti di vista, dal fundraising agli aspetti normativi europei; quindi, le start up ricevono un supporto specializzato che va oltre il semplice business coaching. Inoltre, il programma è strutturato in modo rapido e condensato: in sole otto settimane, le start up accedono a un intenso percorso di formazione e mentoring.
Le connessioni internazionali rappresentano un altro aspetto fondamentale. Il nostro network di professionisti, aziende e investitori, si estende, infatti, oltre l’Europa, includendo paesi come Stati Uniti e Singapore, e offrendo alle start up l’opportunità di accedere a mercati globali e ampliare le loro prospettive di crescita».
Puoi darci una visione d’insieme di come è strutturato il Sandbox Program?
«Il Sandbox Program è un percorso di accelerazione di otto settimane, che attiviamo quattro volte all’anno. Ogni edizione accoglie 8-10 start up – che hanno già validato la loro tecnologia e sono pronte a scalare –, selezionate attraverso un processo di valutazione rigoroso supportato dal nostro Technical Board, composto da esponenti di diversi mondi industriali, dall’energia all’agroalimentare.
Durante il programma, le start up partecipano a dieci workshop che trattano aspetti cruciali per il loro sviluppo. Si inizia con un kick-off e una sessione di pitch in cui vengono definiti gli obiettivi di ciascuna, per poi affrontare moduli sul modello di business, gestione dei progetti pilota, strategie di fundraising e commerciali.
Coinvolgiamo sempre anche investitori dal venture capital internazionale per discutere il business planning e dedichiamo sessioni specifiche alla comunicazione della sostenibilità. Entro la fine del percorso, le start up affinano il loro pitch con coaching personalizzato e si preparano per il Demo Day, dove presentano le loro soluzioni a investitori e aziende internazionali.
Grazie a questa combinazione di workshop pratici, mentorship di alto livello e connessioni con investitori e aziende, il Sandbox Program punta a fornire strumenti concreti per supportare la loro crescita. Un elemento centrale del programma è il network di mentor. Questi mentor non solo accompagnano le start up durante il programma, ma continuano a offrire supporto anche dopo la fine del percorso».
Quali criteri utilizzate per decidere quali start up ammettere al programma?
«Il processo di selezione per il Sandbox Program è molto rigoroso e prevede diverse fasi. Inizia con la compilazione di un form online, in cui vengono richieste informazioni dettagliate sulla start up: dal team alla tecnologia, dal modello di business all’impatto climatico previsto e al mercato di riferimento.
Se il progetto risulta in linea con i nostri criteri e le esigenze riscontrate nel mercato, viene sottoposto a un’analisi più approfondita, sia tecnica che finanziaria.
Da qui vengono selezionate 20 start up, che vengono poi incontrate individualmente per valutarne meglio il potenziale di scalabilità, la visione dei fondatori e le esigenze. Dopo una seconda fase di analisi e discussione del Technical Board, vengono infine scelte 8-10 start up per partecipare al programma».
Quali sono le tipologie di progetti e i profili dei founder che partecipano al vostro programma? Che realtà incontrate effettivamente?
«Incontriamo founder che sono veri esperti nei loro campi, con una grande conoscenza di innovazione climatica, sostenibilità e tecnologie avanzate. Molti di loro hanno anni di esperienza in settori come l’ingegneria, le scienze ambientali o l’industria, e utilizzano queste competenze per affrontare problemi climatici concreti.
Per esempio, il founder di Greentech Innovators, una start up biotech norvegese, ha lavorato per oltre 30 anni nel settore dell’acquacoltura e della pesca. Grazie alla sua esperienza nella lavorazione del salmone, ha visto il potenziale di trasformare gli scarti di pesce in proteine e omega 3 per mangimi, portandolo a fondare la start up.
Un altro esempio è Agrovisio, una start up estone che si occupa di agricoltura digitale, monitorando i campi con droni e satelliti. I founder, con più di dieci anni di esperienza nel settore della difesa militare, hanno iniziato a sviluppare la soluzione per risolvere i problemi di uno di loro, che è anche agricoltore.
C’è poi Respectlife, una start up italiana che ha sviluppato un tessuto innovativo e sostenibile per lenzuola, uniformi e abbigliamento sportivo, capace di ridurre le contaminazioni. Tra i founder ci sono un’esperta del settore tessile e una professionista che lavora nell’ingegneria clinica presso l’Ospedale San Matteo, centro di collaborazione ingegneristica dell’OMS».
Perché avete scelto di focalizzarvi sulle start up europee?
«Lo abbiamo scelto per sfruttare l’enorme potenziale di innovazione presente in questo ecosistema. L’Europa è, infatti, un terreno fertile per le start up climate tech, grazie alla crescente consapevolezza e impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
Anche se l’Italia, rispetto ad altri paesi europei, è ancora indietro in termini di investimenti in queste start up, il nostro obiettivo è contribuire a colmare questo divario e dimostrare che può diventare un leader nell’innovazione climatica. L’ecosistema europeo offre una combinazione unica di competenze scientifiche, industriali e imprenditoriali, che rende possibile accelerare lo sviluppo di tecnologie che affrontano direttamente le sfide del cambiamento climatico»
Dopo la fine del programma, in che modo continuate a sostenere le start up che hanno partecipato?
«Uno degli aspetti più gratificanti del lavoro è il rapporto che si instaura con le start up, anche dopo la conclusione del programma. Continuiamo a metterle in contatto con nuovi partner e investitori, offrendo opportunità di crescita attraverso programmi, iniziative ed eventi come il Mugello Tech Summit lo scorso aprile. Inoltre, vengono promosse sui canali ufficiali e coinvolte in eventi di settore per aumentare la loro visibilità e creare opportunità di networking.
È stata anche lanciato ClimateTech Frontiers, una serie di eventi online sulla sostenibilità, per stimolare dialoghi e sinergie tra start up e aziende».