Se il risparmio si fa hi-tech
Se il risparmio si fa hi-tech (e traina la transizione ecologica). La cultura della sostenibilità, dalle banche alle imprese: come la transizione ecologica passa attraverso la tecnologia
Il modello emerso sin dal format “Green EX-Machina” (GEM), il think tank italiano interamente dedicato alla conversione green delle aziende manifatturiere, è ormai chiaro: grazie alla tecnologia e alla gestione dei dati si accompagna quel difficile percorso verso la sostenibilità delle imprese.
La coerenza di modelli, però, e uno sfondo culturale generale ancora scettico sembrano i due freni nella corsa in questa direzione. Dati che appaiono lampanti in modo un po’ trasversale, nelle aziende italiane, senza distinzione di aree geografiche. Ma com’è lo stato dell’arte? Dove c’è più sensibilità? Nord Europa sul tema come sempre. Anzi, il mercato europeo, rispetto a quello USA o a quello asiatico, è quello che sulla domanda di prodotti green è più esigente e più forte.
“Per una questione culturale – dice Marco Taisch, co-founder di Miraitek, specializzata in piattaforme IoT per il manifatturiero– e per una ragione storica. Il consumatore cinese è ancora troppo giovane, il cittadino americano è quello che notoriamente produce più CO2 per abitante rispetto al resto del mondo. GEM, con il sodalizio tra le imprese, nonché Miraitek e MyChicJungle vogliono giocare d’anticipo su questi segnali poiché i consumatori che si stanno affacciando sul mercato saranno consumatori feroci, attenti e soprattutto informati, che fanno delle scelte d’acquisto consapevoli.
“È per questo – sottolinea Taisch – che la nostra offerta commerciale sta implementando una tecnologia digitale finalizzata proprio a consentire ai nostri clienti di essere sostenibili. Perché si può essere green con il packaging, ad esempio, ma poi si devono condurre gli impianti in modo che il loro consumo sia in linea con la scelta. Questo è il messaggio che oggi noi vogliamo dare, soprattutto di tipo culturale. E da qui è nata l’idea del think tank, come piattaforma di crescita dell’Italia e con una presa di consapevolezza dell’imprenditoria italiana. I cambiamenti culturali partono sempre dalle grandi imprese, sono poi le piccole che seguono questo modello, anche perché sostenibilità vuol dire investimenti”.
Il segnale, come dimostrano i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, è che c’è una certa sensibilità e vocazionalità delle grandi imprese e del loro management. Quelli interpellati per partecipare a quest’incontro hanno risposto positivamente, perché hanno bisogno di confrontarsi per trovare delle risposte sul tema.
“L’Italia non è così indietro rispetto a tanti stati europei. Sul tema della sostenibilità – ci spiega Jacopo Moschini, cofondatore di MyChicJungle, hub per l’innovazione e la comunicazione digitale – le aziende italiane possono sicuramente accelerare quel processo di transizione ecologica anche grazie alla tecnologia.” Il problema interno è però quello che devono affrontare sfide, ma ci sono criticità per il fatto di essere alle prime fasi del processo digitale. Quanto le imprese pubbliche e private devono essere educate in tal senso è il grande punto su cui concentrare il focus. Quali investimenti occorrono per la transizione non è infatti un dettaglio marginale perché tale processo avvenga realmente.
“C’è un problema culturale alla base nel Paese: a livello intrinseco, si può notare già dalla mancanza di consapevolezze e competenze che giocano sicuramente un ruolo di spicco nel settore, ovvero il sistema formativo del Paese non forma le persone con le skil di cui hanno bisogno le nuove imprese, in Lombardia come in tutt’Italia. Anche se la Regione Lombardia ha investito molto sul tema dell’ITS, ad esempio, oggi ce ne vorrebbero molti di più.
Mancano le competenze perché non vengono formate prima, insomma e, ci auguriamo che la riforma legata alle autonomie delle regioni possa dare un’accelerata in tal senso. Anche il PNRR andava in questa direzione, nel senso che poteva colmare quel gap a livello del Paese sulle competenze. Al momento le aziende possono provare a colmare tutto ciò cercando di attuare dei piani formativi per creare questo humus fertile verso l’innovazione e la sostenibilità.”
La nuova generazione dei Millennials, in questo caso, intanto prende piede in azienda. Deve portare competenza, meritocrazia e supporto. Con questa, in un’ottica di medio – lungo periodo, bisogna attuare un piano in ogni azienda per far sì che la tecnologia possa accelerare questo cammino verso la sostenibilità di una filiera. Credendoci. Ma questa sensibilità che gli stessi istituti di credito avvertono come importante sul tema, non si avverte ancora come importante in tutte le imprese.
“È ancora vissuta come un obbligo, un passaggio generazionale. Quando c’è il consumatore che ti chiede quel tipo di indirizzo – ci racconta Marco Aldeghi, Responsabile della Direzione Territoriale Milano e Lombardia Nord di Banco BPM- allora l’imprenditore si adopera in tal senso. Il passaggio al momento non è ancora misurabile. Ad esempio, nel settore del real estate in Lombardia, dove siamo tra i leader nel finanziamento, è la certificazione energetica finale che attesta il grado di efficienza energetica. Il prossimo passaggio sarà verificare che il processo per rendere una casa A+ sia “sostenibile”, il successivo, sarà la verifica che anche l’impresa che ha realizzato quella abitazione sia sensibile ai temi di sostenibilità”.
La banca al momento ha un ruolo cruciale. Sta iniziando da alcuni questionari che chiedono alle aziende che tipo di sensibilità energetica possono realmente dichiarare, dall’efficientamento dei loro processi interni, ma siamo ancora agli albori. “Sono nella commissione ABI della Regione Lombardia e devo dire – ribatte Aldeghi – che in quest’ambito stiamo muovendo i primi passi; quindi per sollecitare la sensibilità al tema della sostenibilità dovremo partire da normative più chiare da parte dei Regolatori ed affidarci altresì alla sensibilità delle nuove generazioni che, come consumatori, già oggi comprano facendo attenzione a chi ha un certo tipo di indirizzo aziendale”.
Un tema su cui una banca può anche far suo e divulgare alla sua clientela, con una consulenza sul tema quasi impercettibilmente indotta grazie alle scelte che compie. Il tema della sostenibilità rivoluziona in un certo senso anche il ruolo stesso della banca agli occhi del suo cliente.
“Noi ci approcciamo alla PMI che non ha solitamente un consulente in materia: la banca, quindi, gioca un ruolo fondamentale facendo consulenza e offrendo condizioni agevolate che siano da incentivo a chi è attento ai temi ESG. Ecco che la funzione della banca in tal senso diventa “social” direi quasi”.
E la scelta in questo caso è un vero e proprio impegno per la banca, che si trova a comunicare una nuova direzione, come quella della sensibilità, su cui puntare, credere e anzi fondare molto della sua vision perché sia portavoce credibile di un cambiamento. Una sorta di vocazione sul tema.
“È da tempo che la banca è impegnata a tutto tondo in ambito ESG, anche con il coinvolgimento delle figure apicali. In quest’ambito abbiamo fatto importanti passi in ogni direzione con l’obiettivo di integrare le tematiche di sostenibilità nei processi e nel business. ” – ammette Aldeghi – “Nel mercato attuale – diretto verso pagamenti digitali, offerte a distanza e ormai fatto di strumenti intangibili – quando un cliente deve accendere un mutuo a vita o investire i propri soldi, preferisce ancora la presenza fisica del consulente e quella ha un impatto sui consumi di energia, riscaldamento, gestione immobili ecc. Quindi la rivoluzione è accompagnare la clientela alla sostenibilità anche attraverso la più “un-tangible” consulenza a distanza”.
Una sfida nella sfida, in un Paese che è anagraficamente tra i più anziani d’Europa e in cui le nuove generazioni di Millennials non hanno (ancora) un’educazione finanziaria così spiccata. “La fascia di clienti tra i 70-90 anni rappresenta quella dei risparmiatori italiani, il cui grado di familiarizzazione con l’IT è discreto. Noi li accompagniamo al cambiamento, spesso con il supporto della seconda generazione. L’investimento sulle nuove generazioni è certamente il passaggio obbligato per affrontare velocemente la transizione verso i nuovi “valori”.
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