Smart working: e se fosse in modalità ibrida?
Smart working e benessere mentale delle persone sono due argomenti sui quali si è molto discusso negli ultimi mesi
Iniziato come una risposta alla contingente situazione sanitaria imposta dal Covid, lo smart working sembra essere diventato ora una risposta permanente alla richiesta di maggior benessere psicologico e di un nuovo equilibrio tra vita privata e lavoro. Secondo un recente studio condotto dall’Università di Stanford, ci si aspetta che solo una piccolissima parte delle aziende tornerà a una modalità di lavoro totalmente in presenza, le altre gestiranno almeno il 25% del tempo in smart working. In un certo senso quindi la vita in ufficio si trova a dover rivedere sé stessa per restare attrattiva; quando è arrivato l’e-commerce, chi aveva un retail fisico ha capito di dover investire sull’esperienza cliente, adesso sono gli uffici a dover diventare un’esperienza umana per restare attrattivi per le persone. Una questione molto più profonda di quello che può sembrare. Sempre più aziende stanno implementando una modalità di lavoro ibrida che prevede la presenza in ufficio di solo 2 o 3 giorni a settimana, per trasmettere al proprio team un messaggio di attenzione alla loro qualità della vita. Questa è la modalità implementata ad esempio da Bun Burgers, catena di food retail milanese in forte crescita nel nostro Paese.
“Il team da alcuni mesi ormai lavora in ufficio 2 giorni a settimana mentre 3 lavora da dove vuole – spiega Danilo Gasparrini, ceo & co-founder di Bun -. Abbiamo deciso di attuare questa modalità ibrida perché crediamo che la qualità della vita delle persone sia essenziale. Ci sono membri del team che vivono a un’ora di distanza dagli uffici, permettere loro di lavorare da casa tre giorni a settimana gli consente di risparmiare preziosissime ore che possono dedicare a sé stessi”.
Sicuramente tutto ciò rappresenta una grande sfida alla capacità di dare fiducia dell’imprenditore, che in un certo senso deve rivedere i propri standard di controllo. “Vedo che le persone lavorano meglio e la loro performance è decisamente migliorata, perché si sentono più responsabilizzati. All’inizio può spaventare il fatto di dare loro fiducia ma del resto se non ti fidi del tuo team, come leader, hai un grande problema da risolvere!”.
Per Gasparrini quindi la scelta della modalità di lavoro è una sorta di patto maturo e responsabile con il team e non solo un semplice benefit aziendale. Ma cosa implica l’introduzione della modalità ibrida a livello di gestione del team e della vita aziendale?
Se rispondere a questa rinnovata esigenza di un diverso equilibrio vita-lavoro è sacrosanto, è essenziale prestare attenzione ad alcuni aspetti umani e psicologici che hanno un impatto enorme sullo stato di benessere e la performance delle persone:
Contesto aziendale-senso di appartenenza
Le persone hanno la necessità di sentirsi parte di qualcosa, di capire l’impatto che il loro lavoro ha su un contesto più ampio, è quindi necessario definire e alimentare una cultura aziendale, un senso di appartenenza che va oltre la presenza fisica. “La scelta della modalità ibrida per noi arriva a valle di un processo di creazione della cultura aziendale di Bun. Il team ha chiaro e sente dentro fortemente il nostro purpose, i nostri valori e siamo allineati su quello che ognuno di noi deve mettere in campo per realizzare la nostra missione”. Senza questo, il rischio di perdita di motivazione e di capacità di vedere il contesto più ampio è davvero dietro l’angolo.
Chiarezza di obiettivi e misurazione del successo
Viviamo in una cultura nella quale ancora si guarda al numero delle ore lavorate anziché alla qualità dei risultati e questo è antitetico all’implementazione di una modalità ibrida che richiede una chiarezza di obiettivi e dei criteri di misurazione del successo completamente diversi. Una cultura ancora dominata dal controllo che deve invece virare su responsabilità e fiducia.“Presto sempre molta attenzione a come stanno i membri del team e a come lavorano – ci spiega Gasparrini – quando percepisco che qualcuno è in difficoltà o non è nelle condizioni per poter portare a termine i propri obiettivi, creiamo un momento di confronto e di scambio perché nessuno deve sentirsi da solo davanti alle sfide e se necessario rientriamo temporaneamente in ufficio full-time pergestire le criticità”.
Tutela delle relazioni umane
Se avere qualche giorno nel quale si può lavorare fuori dall’ufficio ha un impatto sul benessere delle persone, lo stesso effetto si ottiene con le relazioni umane che si instaurano in ufficio. Un recente studio ha dimostrato quanto la qualità delle interazioni sul posto di lavoro abbia un impatto enorme non solo sulla produttività ma anche sulla drastica diminuzione del rischio di burn-out. E’quindi importante che i momenti trascorsi insieme diventino anche dei momenti di coesione e scambio umano e non una carrellata di riunioni.“Quando il team è in ufficio, cerco di non fissarmi appuntamenti fuori sede perché voglio stare con loro. Sentirli e trascorrere anche dei momenti leggeri insieme come il pranzo, credo sia fondamentale per alimentare quel senso di umanità e di attenzione che fa parte della cultura di Bun”
Inserimento delle nuove risorse
“Questo è il passaggio più critico – ci confessa Gasparrini -: nella mia esperienza, i giovani fanno più fatica perché hanno bisogno di metodo e struttura e in alcuni casi non sono abituati a lavorare per obiettivi. Quello che Bun ha sperimentato quindi è un inserimento inizialmente tutto in presenza per le prime due settimane in modo da poter portare a termine il percorso di on-boarding, non solo a livello tecnico di competenze ma anche di ingaggio emotivo e trasferimento dell’identità aziendale. Nelle esperienze riscontrate in diverse aziende che hanno implementato con successo la modalità ibrida, l’inserimento di nuove risorse viene gestito con estrema attenzione appunto poiché presuppone fiducia, chiarezza e responsabilità e tutto questo deve essere costruito e impostato.
La modalità ibrida quindi è un invito a rivedere la cultura aziendale, gli stili di leadership e la comunicazione all’interno dell’azienda al fine di creare un contesto nel quale le persone di sentono di appartenere e hanno l’occasione di dare pienamente il loro contributo. Probabilmente non tutte le aziende sono pronte ma sicuramente rappresenta uno stimolo per rimettere su tavolo il modo nel quale operano sia all’interno che all’esterno, al fine di aggiornare ed essere più pronti per questo nuovo mondo che stiamo vivendo.
Giovanna Carucci -Business generative coach Giovanna Carucci – Ceo e founder di #Authenticleader
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