Sostenibilità, formazione e industria 4.0 secondo Biomet
Antonio Barani fondatore e amministratore delegato di Biomet SpA, società lombarda che investe nei settori dei gas compressi, liquidi e rinnovabili; con particolare focus sulla produzione, la logistica e la distribuzione del biometano liquido (bioGNL). Ricopre la carica di presidente dell’area Biometano di “Confindustria – Cisambiente” ed è stato inserito nella lista dei 100 migliori manager italiani di Forbes
Quali sono i percorsi formativi e i processi d’innovazione all’interno dell’azienda?
Per essere competitivi e all’avanguardia il capitale umano è decisivo. Noi siamo molto attenti a selezionare quei profili professionali che a vario livello possono portarci un valore aggiunto. C’è sempre la persona dietro qualsiasi processo di innovazione. Investiamo molto in ricerca e sviluppo nei settori dove vediamo potenzialità di trasformazione grazie all’innovazione, mi vengono in mente ad esempio il settore agricolo e il mercato dell’idrogeno che presidiamo con la startup Hydro2Move.
Il rapporto tra Next generation e industria 4.0?
Direi interconnessione totale. Le nuove generazioni sono le uniche a cui affidare l’industria del futuro. Non solo per una questione anagrafica ma anche per skills e velocità che hanno. Gli va fornita l’infrastruttura e l’ecosistema aziendale in cui poter esprimere il loro massimo potenziale: noi imprenditori in questa fase così difficile siamo chiamati a fare anche questo.
Quali azioni sono necessarie per stimolare i giovani a intraprendere gli studi delle materie Stem?
L’economia e l’industria cambiano in fretta. Solo diffondendo la conoscenza e rendendola accessibile possiamo coinvolgere le nuove generazioni nella progettazione del domani. È vero che i giovani devono puntare sulla formazione, ma non dobbiamo mai dimenticare di incentivare l’apprendimento e l’aggiornamento di chi è già nel mondo del lavoro.
La sostenibilità ambientale, economica e sociale: come viene affrontata all’interno della vostra Azienda?
La nostra azienda ridà vita ai rifiuti, che nel paradigma di economia lineare è la sostanzializzazione del verbo “rifiutare”. Noi, player dell’economia circolare, non li rifiutiamo affatto perché sono la nostra materia prima e li utilizziamo per produrre un carburante in grado di sostituire il gasolio nei mezzi pesanti, fertilizzante che torna alla terra aiutando a combattere la desertificazione provocata da coltivazioni intensive e acqua, recuperando dal processo di trattamento del rifiuto, che per sua natura è “umido”, milioni di litri di acqua che possono essere utilizzati dal comparto agricolo. Inoltre il biometano che produciamo costa poco rispetto all’andamento dei mercati perché ne è completamente scollegato. È un prodotto Made in Italy che aiuta l’autosufficienza energetica del Paese.
Quali sono i punti d’incontro o piuttosto quelli che allontanano l’impresa privata dall’amministrazione pubblica?
Alla Pubblica Amministrazione non viene riconosciuto valore in caso di realizzazione di processi virtuosi come il nostro, ma il funzionario di turno, nel caso di una decisione sbagliata, viene licenziato. La colpa delle lungaggini non è dovuta ai singoli operatori – che nella nostra esperienza si sono dimostrati sempre disponibili e competenti – quanto a un sistema completamente distaccato dall’economia reale. Servirebbero KPIs, incentivi e un sistema premiale per chi, nelle proprie funzioni, aiuta il Paese ad innovarsi. Allora sì che gli interessi di pubblico e privato si potrebbero allineare.
Per approfondimenti: Biomet