Tra il dire e il fare c’è di mezzo il fare

«Passare dall’interesse delle categorie agli interessi di tutti». L’editoriale del direttore di Lombardia Economy Giuliano Bianucci
La Lombardia è sempre stata il motore d’Italia. Ma oggi il cambiamento possibile emerge da uno tsunami che è ancora in corso e dal quale vogliamo e dobbiamo riemergere. Lombardia Economy dedica il numero uno all’innov/azione, che è il motore dei motori. Innovazione di modelli e di processi, nuovi modi di fare impresa e di promuoverla, orizzonti nuovi da indagare, scoprire, con al centro la generazione dei giovani, titolari involontari del grande fardello di debito pubblico sempre più opprimente. Alla ricerca di nuovi modelli di sviluppo oltre la pandemia e cercando nelle risorse dell’Europa e nell’energia della Next Generation le chiavi per un cambiamento radicale verso la sostenibilità ambientale, sociale, economica.
Gli ambiti di intervento del Pnnr sono le verticalizzazioni di un progetto di futuro, l’innovazione e la Next Generation gli elementi trasversali.
In questo numero abbiamo raccolto le voci e le idee di alcuni tra i principali attori che dal sistema Lombardia traguardano lo sviluppo nazionale e internazionale. Grandi multinazionali e reti di start up, istituzioni e imprese innovative, con l’obiettivo di trovare una sintesi del racconto in una strategia che prende corpo.
Alla base di tutto, la chiave delle esperienze di successo che devono diventare patrimonio comune e il confronto tra gli attori la regola per far crescere una visione plurale.
Pochi sanno che Made in Italy è stato rilevato da Kpmg come terzo brand più noto al mondo dopo CocaCola e Visa. Un grande patrimonio di immagine che diviene leva propulsiva di sviluppo. Made in Lombardy aggiunge al valore Italia il rilievo di una regione operosa, capace di promuoversi a livello internazionale e che ha da sempre l’innovazione come chiave di successo di percorsi di qualità.
Agli attori della Lombardia tocca il ruolo primario di disegnare il modello emergente di nuova economia plurale. Per sviluppare la Green Europe occorre mettere a sistema pubblico, privato, terzo settore, spingendo gli attori a muoversi come sistema. I progetti che saranno finanziati dall’Europa non possono essere sprecati. Il rischio sono i progetti-puzzle. Si raccolgono proposte pubbliche e private, si fa l’elenco delle priorità e si comincia a spendere. Ma la regia? Vogliamo immaginare che si possa lavorare in uno schema logico che metta a fuoco un nuovo modello di sviluppo, basato sulla sostenibilità ambientale, economica, sociale e che si regge su due gambe, quella dell’inclusione e delle comunità educanti e quella della comunità economica.
Le due gambe non sono autonome. Non c’è sviluppo sostenibile senza l’inclusione. Per questo alla base del nuovo modello che deve emergere dalla crisi dovranno essere considerati nel giusto ruolo i giovani, perno obbligato di coprogettazione. Una next generation alla quale devono essere date le giuste opportunità di fare nuova impresa, rispettosa della loro creatività, capace di considerare la parità di genere una grande occasione di crescita e non un vincolo. Le best practice delle start up innovative devono essere favorite e promosse.
Tutto questo è possibile. È facile dirlo e raccontarlo, anche nei dettagli, ma è più difficile da fare. Troppe incrostazioni mentali fanno sì che gli attori abbiano ormai cristallizzato l’abitudine di sempre di operare nel loro orto, grande o piccolo. Qui il salto di qualità si fa se si passa dall’interesse delle categorie agli interessi di tutti.
L’ex libris dell’Abbazia di Montecassino, distrutta completamente nella seconda guerra mondiale e ricostruita perfettamente recita “succisa virescit”: recisa alla base torna a rifiorire. Un tronco con un germoglio di nuova vita. Quale sarà, dipenderà da noi e dalla misura della volontà di fare finalmente sistema e di “fare” piuttosto che “dire di fare”…